"Domenica scorsa, tre soldati americani sono stati uccisi in Giordania da un drone lanciato da gruppi militanti sostenuti dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana (IRGC, acronimo in inglese). Oggi ho assistito al dignitoso ritorno di questi coraggiosi americani alla base aeronautica di Dover e ho parlato con ciascuna delle loro famiglie.Questo pomeriggio, su mia indicazione, le forze militari statunitensi hanno colpito obiettivi presso strutture in Iraq e Siria che l'IRGC e le milizie affiliate utilizzano per attaccare le forze statunitensi.La nostra risposta è iniziata oggi. Continuerà nei tempi e nei luoghi di nostra scelta.Gli Stati Uniti non cercano il conflitto in Medio Oriente o in qualsiasi altra parte del mondo. Ma tutti coloro che potrebbero cercare di farci del male sappiano questo: se fate del male a un americano, risponderemo".

Questa è la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti, Joe  Biden, sull'operazione militare effettuata ieri in Medio Oriente, che in Iraq ha causato la morte di 16 persone (compresi alcuni civili) e in Siria di 23, vittime degli 85 obiettivi colpiti durante gli attacchi per i quali sono stati utilizzati anche bombardieri B-1 che, riforniti in aria, hanno volato non-stop dall'America.

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che gli attacchi statunitensi rappresentano "un altro errore avventuroso e strategico da parte degli Stati Uniti, che si tradurrà solo in un aumento della tensione nell'instabilità nella regione".

Venerdì, il presidente iraniano Ebrahim Raisi aveva detto che il suo Paese non inizierà una guerra, ma "risponderà con forza" a chiunque lo minacci.

In base alla dichiarazione di Biden, all'attacco di ieri ne potrebbero seguire altri, come confermato anche dal segretario alla Difesa, Lloyd Austin: "Questo è l'inizio della nostra risposta". Da parte sua, il segretario di Stato, Antony Blinken, ha tenuto a sottolineare che non è intenzione degli Stati Uniti attaccare l'Iran.

L'Iraq ha protestato contro quella che ha descritto come un'aggressione da parte degli americani che - a suo dire - avrebbero preso di mira siti militari e civili iracheni, annunciando che una nota ufficiale sarà consegnata dal ministero degli Esteri all'incaricato d'affari americano a Baghdad, David Berker. 

Questo il commento rilasciato dalle forze armate siriane: "Le forze di occupazione statunitensi hanno lanciato sabato una palese aggressione aerea su un certo numero di siti e città nella regione orientale della Siria, vicino ai confini iracheni, provocando diverse vittime tra i civili e i militari, ferendo altri e causando ingenti danni a proprietà private e pubbliche", è scritto nella nota pubblicata  dall'agenzia Sana. Secondo Damasco, la regione presa di mira "è la stessa dove l'esercito siriano combatte i resti dell'organizzazione terroristica Isis, e ciò conferma come gli Stati Uniti siano coinvolti e alleati con tale organizzazione". 

Se a questo aggiungiamo che, insieme alla Gran Bretagna, gli Usa stanno anche bombardando i siti dei ribelli Houthi in Yemen, come si possa pensare che tutto ciò non contribuisca ad aumentare la tensione in Medio Oriente è inspiegabile.

Per fermare quelle che sono le schermaglie di un conflitto regionale che potrebbe deflagrare in qualcosa di molto peggio, basterebbe fermare il genocidio in atto dal 7 ottobre da parte di Israele.  Invece Israele e i suoi complici (gli Stati del cosiddetto occidente democratico), oltre a continuare ad uccidere indiscriminatamente i civili palestinesi, promuovono le condizioni di una guerra nel Mar Rosso, in Libano, in Siria, in Iraq, mentre gli eserciti di Egitto e Giordania stanno rafforzando i loro schieramenti, rispettivamente, ai confini di Rafah e Cisgiordania.