"Il presidente Biden ha parlato telefonicamente con il primo ministro Netanyahu. I due leader hanno discusso della situazione a Gaza. Il presidente Biden ha sottolineato che gli attacchi contro gli operatori umanitari e la situazione umanitaria in genere sono inaccettabili. Ha chiarito la necessità che Israele annunci e attui una serie di passi specifici, concreti e misurabili per evitare danni ai civili, sofferenze umanitarie e la sicurezza degli operatori umanitari. Ha chiarito che la politica americana rispetto a Gaza sarà determinata dalla nostra valutazione dell'azione immediata di Israele su questi punti. Ha sottolineato che un cessate il fuoco immediato è essenziale per stabilizzare e migliorare la situazione umanitaria e proteggere i civili innocenti, e ha esortato il Primo Ministro a dare potere ai suoi negoziatori per concludere senza indugio un accordo per riportare a casa gli ostaggi. I due leader hanno anche discusso delle minacce pubbliche iraniane contro Israele e il popolo israeliano. Il presidente Biden ha chiarito che gli Stati Uniti sostengono fortemente Israele di fronte a tali minacce".

Questo è il comunicato rilasciato ieri dalla sala stampa della Casa Bianca per riassumere i contenuti della telefonata intercorsa tra Biden e Netanyahu in quello che potremmo riassumere come l'ultimo "penultimatum" di Washington a Tel Aviv.

A rafforzare il concetto che il vaso è colmo, è poi intervenuto anche il portavoce della Sicurezza Nazionale, Kirby, che ha ribadito come urgente un cambiamento di rotta del modus operandi finora messo in atto da Israele a Gaza. Simile dichiarazione anche dal segretario di Stato Blinken.

I media israeliani avevano descritto in anticipo come particolarmente difficile questo colloquio per Netanyahu ma, sempre a loro dire, sarebbe stato ancor più difficile rispetto a quanto previsto. Il motivo è semplice, l'attacco mirato e non certo casuale nei confronti del convoglio della ong World Central Kitchen, a seguito del quale sono stati assassinati sette operatori umanitari.

Rispetto al passato, "l'incazzatura" (non è definibile altrimenti) di Biden ha colto nel segno, perché dopo poche ore dal colloquio, il governo Netanyahu ha annunciato la riapertura del valico di Erez, che è quello che si affaccia direttamente sul nord della Striscia, dove le condizioni della popolazione civile - per la fame, la sete, i medicinali... - sono a dir poco disperate. Non solo. Per favorire l'arrivo degli aiuti tramite quel valico, Israele ha dichiarato anche di mettere a disposizione il porto di Ashdod, qualche decina di chilometri più a nord.

Inoltre, anche il traffico di aiuti (provenienti dalla Giordania) in ingresso dal valico di Kerem Shalom è in aumento, tanto che sarebbero un centinaio i camion programmati per venerdì, mentre anche durante lo Shabbat il valico rimarrà aperto... in precedenza non era mai accaduto.

Infine, l'IDF ha già prodotto i risultati dell'inchiesta sull'attacco ai mezzi della WCK, ammettendo l'errore che è costato il comando a due alti ufficiali che hanno guidato e approvato l'attacco.

Tutto questo sarà sufficiente a calmare l'ira di Biden? Speriamo di no, perché tra i punti elencati vi era anche quello di un immediato cessate il fuoco, l'unica via per consentire che gli aiuti e la loro distribuzione possano effettivamente soddisfare i bisogni immensi dei civili palestinesi a Gaza.

Prima di concludere, da notare anche che a rendere sempre più difficile per Netanyahu continuare la sua guerra, il fatto che le Nazioni Unite, e non solo opinionisti e ong, hanno iniziato a dichiarare ufficialmente che adesso continuare ad inviare ad Israele armi e munizioni può costituire un crimine di guerra.