Ogni anno che passa si cade sempre di più nell’abisso della corruzione le cui conseguenze ricadono sulle fasce più vulnerabili, accrescono la povertà e indeboliscono l’ordito democratico, sociale, economico e politico del Paese. Il popolo italiano difetta di memoria e, di conseguenza, di coscienza civile da cui derivano il senso di responsabilità e di solidarietà verso sé stessi e verso gli “altri”. La memoria è il DNA del Paese infatti il nostro patrimonio genetico rappresenta la storia generazionale passata per essere poi l’eredità naturale dei nostri figli.

Come cittadini abbiamo il dovere morale di ricercare nel passato le cause delle nostre attuali condizioni politiche, economiche, culturali e sociali e considerare quanta responsabilità personale e collettiva deriva dal nostro agire, pensare e sentire e sviluppare la capacità di prevederne le conseguenze in un futuro prossimo e nei limiti porvi rimedio.

Sono stati due fatti importantissimi che mi hanno portato a rivedere alcuni episodi del passato di un politico socialista che ha lasciato un segno indelebile nel destino di questo Paese: due interventi di Bettino Craxi nelle sedute parlamentari del 3 luglio 1992 in occasione dell’insediamento del governo Amato e del 29 aprile 1993 – che fu anche l’ultimo della sua carriera politica - durante il quale scoperchiò impietosamente dinanzi a sé stesso e a tutti i deputati il vaso di Pandora del sistema corruttivo che non aveva risparmiato nessun settore del Paese e prospettava l’esaurimento dell’esperienza partitocratica come modello-guida del Paese. 

L’altro evento è stata la pubblicazione delle motivazioni della sentenza di condanna della famiglia Riva per il disastro ambientale connesso agli impianti dell’ILVA di Taranto.

Entrambi sono “figli” della corruzione prodotta dalla nostra partitocrazia, nelle parole pronunciate in Parlamento e in quelle di condanna scritte nella sentenza si manifesta il morbo impietoso che divora vite, dignità, natura, futuro, pace. Nelle parole di Craxi emerge la auto supponenza di giustificare ogni comportamento illecito tenuto dai “politici” perché questi hanno fatto grande il Paese; nelle parole delle due giudici il coraggio e la determinazione di compiere un atto dovuto di giustizia - se pur tardivo data la complessità della situazione e gli ostacoli posti sul camino della ricerca della verità e delle prove – a coloro che sono stati sacrificati al profitto usando a proprio comodo “pezzi” delle istituzioni.

Di seguito riporto parti significative del discorso tenuto da Craxi nella seduta parlamentare del 3 luglio 1992 perché direttamente connesso all’episodio corruttivo attribuito ad alcuni membri italiani di rilievo attivi nell’organismo comunitario europeo. 

Siamo nel 1992, il governo Amato chiede la fiducia alla Camera dei Deputati e Craxi affronta le problematiche irrisolte del Paese. È grazie alle sue parole che alla partitocrazia non le si può riconoscere né la buona fede né la “presunzione di innocenza”.

Seduta di venerdì 3 luglio 1992 Camera dei Deputati. Discussione sulle dichiarazioni programmatiche di Giuliano Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri.                Presidente: Giorgio Napolitano

(….) “Certo è che sarà proprio in questa complessa e difficile fase di avvio che si decideranno le sorti della legislatura, una legislatura che ha un grande dovere da assolvere e che ha di fronte a sé compiti di eccezionale portata.

Si tratta di doveri e di compiti che derivano in primo luogo da una crisi che non è una semplice crisi politica di forze o di rapporti e relazioni tra le forze. Essa è, in realtà, la profonda crisi di un intero sistema: del sistema istituzionale, della sua organizzazione, della sua funzionalità, della sua credibilità, della sua capacità di rappresentare, di interpretare e di guidare una società profondamente cambiata, che deve poter vivere in simbiosi con le sue istituzioni e non costretta ad un distacco sempre più marcato; del sistema dei partiti, che hanno costituito l’impianto e l’architrave della nostra struttura democratica e che ora mostrano tutti i loro limiti, le loro contraddizioni e degenerazioni, al punto tale che vengono ormai sistematicamente screditati e indicati come il male di tutti i mali, soprattutto da chi immagina o progetta di poterli sostituire con simboli e poteri taumaturgici che di tutto sarebbero dotati, salvo che di legittimità e natura democratica. Sono immagini e progetti che contengono il germe demagogico e violento di inconfondibile natura antidemocratica.

È vero che nel tempo si sono accumulati molti ritardi per tanti fattori negativi: per miopia, velleitarismo, conservatorismo. E tutto ciò è avvenuto in modo tale che il logoramento del sistema ha finito con il progredire inesorabilmente, come non era difficile prevedere. Ora non c’è più molto tempo a disposizione, onorevoli colleghi. Vi sono dei processi di necrosi che sono giunti ormai ad uno stadio avanzato. Il Parlamento deve reagire, deve guardare alto e lontano, dando innanzitutto l’avvio ad una fase costituente per decidere rapidamente riforme essenziali di ammodernamento, di decentramento e di razionalizzazione. Serviranno a ridare efficienza e prestigio alle Camere, a rompere un centralismo dello Stato, per parte sua duro a morire, rafforzando i poteri e l’autonomia delle regioni — come suggeriamo nel nostro programma — sino ai limiti del federalismo, a garantire autorevolezza e stabilità all’esecutivo.

Bisognerebbe porre mano subito alla riforma delle leggi elettorali con uno sguardo rivolto ai modelli e alle esperienze delle democrazie europee ed un altro rivolto alle tradizioni della democrazia italiana. Nella vita e nella organizzazione dello Stato si sente non solo un grande bisogno di un più ampio decentramento, ma anche una necessità urgente di accelerare processi di modernizzazione, di semplificazione, di flessibilità nei rapporti con i cittadini, con le attività produttive e con la vita sociale”. 

(….) “Per i livelli occupazionali, a cominciare dall’occupazione nell’industria, che ha già ricevuto duri colpi ed altri purtroppo può riceverne ancora. Per il riequilibrio della finanza pubblica, che è urgente, necessario e non rinviabile: un record mondiale negativo, che in questi prossimi anni dobbiamo riuscire a toglierci di dosso nell’interesse di tutti, levando dal nostro futuro una grande incognita ed una tagliente spada di Damocle. Ridefinire e riselezionare la spesa sociale e le protezioni dello Stato sociale, senza smantellarlo secondo le invocazioni dei peggiori conservatori: anche questo è necessario, urgente e non più rinviabile, nell’interesse soprattutto dei più deboli, di coloro che maggiormente sono bisognosi di sostegno e di protezione.

Qui inserisco un passaggio molto interessante che riguarda i rapporti con la Comunità europea:

(….) “Sono questi gli anni del passaggio verso un’Europa più unita, più integrata ed augurabilmente più coesa. Tuttavia, quando si sentono magnificare i nuovi traguardi europei come se si trattasse di una sorta di paradiso terrestre che ci attende, c’è solo da rimanere sconcertati. È naturalmente fondamentale che l’Italia riesca a raggiungere il passo dei suoi grandi partners europei e che, per far questo, si mostri capace di compiere tutti gli sforzi che devono essere realizzati. Diversamente, si produrrebbe una frattura di portata storica nelle linee di fondo del nostro progresso. Tuttavia dobbiamo insistere a chiederci quale Europa vogliamo e verso quale Europa vogliamo indirizzarci: non verso un’Europa sottratta ad ogni controllo dei poteri democratici; non verso politiche determinate solo sulla base di criteri macroeconomici, indifferenti di fronte alla valutazione dei costi sociali. Un’Europa, dunque fondata su un mercato unico, aperto e libero, ma il cui sviluppo non contraddica il principio che gli anglosassoni definiscono come «il mercato più la democrazia». Non un’Europa in cui la modernizzazione diventi brutalmente sinonimo di disoccupazione, ma un’Europa dove le rappresentanze sindacali abbiano un loro spazio, una loro dignità ed una loro influenza; un’Europa che guardi al proprio riequilibrio interno ma anche all’altra Europa, che si è liberata dal comunismo, ma che rischia di restare ancora separata e divisa, non più, come è stato detto, dalla cortina di ferro, ma dal muro del denaro. Un’Europa capace di una vera politica estera e di una più larga apertura verso il mondo più povero che preme alle sue porte e che ha assolutamente bisogno di un acceleratore che gli consenta di uscire dalla depressione, dalla stagnazione e dal sottosviluppo, senza di che le ondate migratorie diventeranno sempre più incontrollabili”.

Sono passati trent’anni e tutti i governi che si sono succeduti non hanno dato risposte. In particolare Craxi parla di ammodernamento dello Stato; riferendosi alle regioni auspica una certa autonomia ma non parla certo di “federalismo” che disintegrerebbe l’unità territoriale dello Stato come intende fare la Lega. Parla di un distacco dei partiti dalla società civile e di conseguenza dalla realtà del Paese, manifesta la difficoltà da parte dei governi di mantenere lo “Stato sociale” prima vittima dell’impoverimento dell'Entità pubblica per la scelta sconsiderata  del sistema  economico liberista improntato al profitto, poi continua:

“C’è un problema di moralizzazione della vita pubblica che deve essere affrontato con serietà e rigore, senza infingimenti, ipocrisie, ingiustizie, processi sommari e «grida» spagnolesche.

È tornato alla ribalta in modo devastante il problema del finanziamento dei partiti, o meglio del finanziamento del sistema politico nel suo complesso, delle sue degenerazioni, degli abusi che si compiono in suo nome, delle illegalità che si verificano da tempo, anzi da tempo immemorabile

In quest’aula e di fronte alla nazione penso che si debba usare un linguaggio improntato alla massima franchezza. Bisogna innanzitutto dire la verità delle cose e non nascondersi dietro nobili ed altisonanti parole di circostanza che molto spesso e in certi casi hanno tutto il sapore della menzogna.

Si è diffusa nel paese, nella vita delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni, una rete di corruttele grandi e piccole, che segnalano uno stato di crescente degrado della vita pubblica. Uno stato di cose che suscita la più viva indignazione, legittimando un vero e proprio allarme sociale e ponendo l’urgenza di una rete di contrasto che riesca ad operare con rapidità e con efficacia.

I casi sono della più diversa natura, spesso confinano con il racket malavitoso e talvolta si presentano con caratteri particolarmente odiosi di immoralità e di asocialità. Purtroppo, anche nella vita dei partiti molto spesso è difficile individuare, prevenire, tagliare aree infette, sia per l’impossibilità oggettiva di un controllo adeguato sia, talvolta, per l’esistenza ed il prevalere di logiche perverse. E così, all’ombra di un finanziamento irregolare ai partiti — e ripeto, meglio, al sistema politico — fioriscono e si intrecciano casi di corruzione e di concussione, che come tali vanno definiti, trattati, provati e giudicati.

E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto benissimo, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali ed associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare o illegale.

MARCO FORMENTINI. E vanno in galera!

BETTINO CRAXI. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord).

Ma non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo, perché presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.

E del resto, andando alla ricerca dei fatti, si è dimostrato e si dimostrerà che tante sorprese non sono in realtà mai state tali. Per esempio, nella materia tanto scottante dei finanziamenti dall’estero, sarebbe solo il caso di ripetere l’arcinoto «tutti sapevano e nessuno parlava».

Un finanziamento irregolare o illegale al sistema politico, per quante reazioni e giudizi negativi possa comportare e per quante degenerazioni possa aver generato, non è e non può essere considerato ed utilizzato da nessuno come un esplosivo per far saltare un sistema, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che si impongono né un’opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l’avventura.

Del resto, onorevoli colleghi, nel campo delle illegalità non ci sono solo quelle che possono riguardare i finanziamenti politici. Il campo è vasto e vi si sono avventurati in molti, come i fatti spero si incaricheranno di dimostrare, aiutando tanto la verità che la giustizia.

Ebbene, a questa situazione ora va posto un rimedio, anzi più di un rimedio. È innanzitutto necessaria una nuova legge che regoli il finanziamento dei partiti e che faccia tesoro dell’esperienza estremamente negativa di quella che l’ha preceduta”.

Craxi traccia un profilo chiaro della situazione e, a distanza di trent’anni, le cose sono peggiorate. Il patrimonio costruito con il denaro pubblico e il lavoro degli italiani viene svenduto e il ricavato sperperato allegramente destinandolo a mance e mancette fino a porre sulle spalle della collettività un’imprenditoria parassita ed incapace di assumersi la responsabilità degli effetti della sua mediocrità ed inefficienza manifestando sempre più- un totale disinteresse dei destini dei loro dipendenti. Non vi è cura per la “cosa pubblica” sia da parte della classe politica che da parte dei cittadini. Il principio di legalità si indebolisce sempre più, scompare lo spirito di solidarietà, nelle scuole non si insegna più la Costituzione. Sicuramente è in atto una profonda trasformazione della società ma non positiva perché pilotata da programmi prestabiliti dai centri di potere economico che gradualmente hanno occupato le sedi di potere istituzionali. Alla nostra classe politica non le si può certo riconoscere l’attenuante della buona fede.

continua...