Dopo anni di relativa pace, la difesa europea è tornata prepotentemente al centro del dibattito politico e istituzionale. A riaccendere l’attenzione è stata la dichiarazione di Donald Trump, che ha ribadito di non voler più “pagare con i soldi degli americani la difesa militare dell’Europa”. Un messaggio diretto, in linea con quanto già affermato durante il suo primo mandato: l’Europa, secondo il tyccon, deve imparare a difendersi da sola.
Questa presa di posizione, unita ad un contesto geopolitico sempre più instabile, ha spinto l’Unione Europea ad imprimere una forte accelerazione ai propri programmi di riarmo. Dopo decenni segnati da disarmo e riduzione delle spese militari – basti pensare all’abolizione della leva obbligatoria in Italia nel 2005 – si torna oggi a parlare di potenziamento delle forze armate e di un netto aumento degli investimenti nel settore militare.
Ne è nato un dibattito acceso sulla necessità, o meno, per l’Italia di riarmarsi in un contesto internazionale in continua tensione. Ma al di là delle opinioni, i fatti parlano chiaro: il riarmo è già iniziato. Il nostro Paese sta portando avanti una delle più ambiziose campagne di potenziamento militare degli ultimi decenni, con programmi già avviati che, una volta completati, potrebbero rendere l’Italia una delle principali potenze armate del continente.
Secondo l’Osservatorio Milex, l’Italia ha già dato il via ad un vasto piano di rafforzamento militare, con una spesa prevista superiore ai 73 miliardi di euro, distribuiti su più anni e su tutte le forze armate: Aeronautica, Marina ed Esercito.
Aeronautica.
Il programma Eurofighter è stato ampliato con l’ordine di 24 nuovi caccia Typhoon (7,5 miliardi), che si aggiungono ai 93 già in servizio. Anche il programma F-35 prevede l’acquisto di ulteriori 25 velivoli (7 miliardi), oltre ai 90 già ordinati. L’Aeronautica sta inoltre rafforzando due flotte strategiche: quella, unica in Europa, di aerei radar e da guerra elettronica su base Gulfstream G550 – attualmente composta da tre velivoli, con altri due in arrivo (550 milioni) – e quella delle aerocisterne Kc-767, che passeranno da quattro a sei unità (1,3 miliardi). Dopo anni di indecisione, si punta anche su una flotta di droni armati, basata sui Falco italiani e forse anche sui Reaper statunitensi.
Marina.
Alle dieci fregate lanciamissili FREMM se ne aggiungeranno altre due (1,5 miliardi). Avanzano anche i programmi per sette pattugliatori d’altura PPA (5,7 miliardi) e quattro leggeri PPX (1,2 miliardi). Sono in fase di studio quattro nuove corvette europee, mentre due nuove navi per operazioni subacquee – Olterra (60 milioni) e Ubos (35 milioni) – sono già in programma. Ai due cacciatorpediniere Orizzonte in fase di potenziamento (1 miliardo) si affiancheranno due nuovi incrociatori DDX (2,7 miliardi). Dopo il varo della portaerei Trieste, seconda nave per gli F-35B (1,2 miliardi), sono in costruzione quattro sommergibili U212 (2,7 miliardi), con la possibilità di arrivare a sei. In arrivo anche 12 nuovi cacciamine (2,6 miliardi per i primi 8) e tre grandi navi da sbarco. Sul fronte aereo, oltre agli F-35B, la Marina riceverà 9 nuovi aerei antisommergibile (560 milioni), elicotteri HH101 aggiornati (680 milioni) e 14 droni da imbarcare (192 milioni), per i quali è in progetto una nave dedicata: lo “Sciamano Drone Carrier”.
Esercito.
Spicca il programma da 23 miliardi per il rafforzamento delle forze corazzate: 280 nuovi carri armati Panther (8 miliardi) e oltre mille mezzi leggeri Lynx (15 miliardi), a cui si aggiunge l’ammodernamento dei 125 carri Ariete (1 miliardo). Sono previsti anche 150 nuovi obici semoventi RCH155 (1,8 miliardi), oltre ai 70 PzH2000 aggiornati (270 milioni). La componente dei mezzi su ruote sarà rafforzata con 150 Centauro 2 (1,5 miliardi) e 76 Freccia Plus (300 milioni). Sul fronte aereo, in arrivo circa 100 elicotteri da combattimento e multiruolo AW249 e AW169 (4 miliardi). L’Esercito riceverà anche sei nuove batterie di missili anti-aerei SAMP/T (3,7 miliardi), circa 20 lanciarazzi HIMARS (1 miliardo) e una grande quantità di proiettili da 155 mm (240 milioni).
Fonte: Milex
Logicamente in un Paese storicamente diviso come l’Italia, non sono mancate critiche, sia sul piano politico che su quello etico. Secondo alcuni, il riarmo europeo rappresenterebbe un grave errore: non si garantisce la sicurezza aumentando la capacità offensiva, ma rafforzando la diplomazia e lavorando sulla prevenzione dei conflitti. C’è inoltre il timore che questa corsa agli armamenti venga finanziata a discapito di settori vitali come sanità, istruzione, trasporti pubblici e sicurezza interna, già oggi sotto pressione.
Nel frattempo, l’Unione Europea sta valutando l’ipotesi di istituire un fondo comune per la difesa, finanziato attraverso debito condiviso o nuove tasse sulle grandi multinazionali. Un’idea che potrebbe ridurre l’impatto sui bilanci nazionali, ma che richiederà tempo e complesse negoziazioni tra gli Stati membri.
Il mondo cambia, e l’Europa – violenti o nolenti – deve adattarsi, organizzando la propria difesa come farebbe un buon padre di famiglia installando antifurti, porte blindate e inferriate per proteggere ciò che ha di più caro. Purtroppo, non viviamo in un mondo ideale. E finché non riusciremo a costruirne uno, è necessario difendersi da eventuali aggressioni.
Il riarmo, dunque, è ormai una realtà. Ma la vera sfida sarà gestirlo con equilibrio: garantire sicurezza senza sacrificare i diritti sociali, mantenere la pace come valore fondamentale e agire con responsabilità verso le generazioni future.
Perché una cosa è certa: la difesa non può trasformarsi in un’arma rivolta contro il nostro stesso futuro.