Premetto che per esprimere un giudizio completo sulla sentenza della Suprema Corte riguardante la cd. trattativa Stato-mafia occorrerà attendere il deposito delle motivazioni.

Le stragi del 1992, il furto dell’Agenda Rossa, i depistaggi successivi alle stragi, tuttavia, non si cancellano con una sentenza di assoluzione.

Perché una cosa è la vicenda processuale e altra è la storia, riportata persino nelle motivazioni della decisione della Corte d'appello di Palermo confermate dalla Cassazione, che non può essere processata nelle aule di giustizia.

Ci sono fatti che non rientrano nel codice penale, ma appartengono ai diritti delle persone che realmente lottano contro la mafia tutti i giorni e a coloro che della criminalità organizzata sono state vittime.

La penso esattamente come Paolo Borsellino. Si dovrebbe fare pulizia di coloro che sono raggiunti da fatti inquietanti anche se non sono reati.

I giudici di legittimità hanno anche riqualificato il delitto di violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato nella forma del tentativo. Così facendo è intervenuta la prescrizione per i boss Leoluca Bagarella ed Antonino Cinà. Tutti assolti.

Alla luce di questa nuova pronuncia non si può che prender atto che le interlocuzioni tra mafiosi e apparati dello Stato esistono, ma non costituiscono reato.

Questa idea, che personalmente non condivido, tuttavia, non può giustificare ogni cosa. Certi fatti appartengono e apparterranno alla storia che va sempre oltre le sentenze. 



Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.