La strategia del governo italiano di trasferire i richiedenti asilo in Albania subisce un nuovo durissimo colpo. La Corte d’Appello di Roma ha infatti rifiutato di convalidare i trattenimenti di tutti i 43 migranti trasportati nel Paese balcanico, ordinandone il rientro in Italia già da domani. La decisione si aggiunge a due precedenti sentenze del Tribunale di Roma che, tra ottobre e novembre dello scorso anno, avevano già annullato trasferimenti analoghi, mettendo in discussione la legittimità dell’accordo Italia-Albania sulla gestione dei flussi migratori.

I giudici romani, in linea con le pronunce passate, hanno sollevato dubbi sull'identificazione di "Paesi sicuri" gli Stati di provenienza delle persone trattenute in Albania, rendendo inapplicabile la "procedura di frontiera" prevista dal protocollo bilaterale. Nel primo caso, il 18 ottobre, 12 richiedenti asilo (egiziani e bengalesi) furono liberati perché i loro Paesi d'origine non figuravano nella lista degli Stati considerati sicuri dal governo. Il 10 novembre, nonostante un decreto del governo avesse aggiornato tale lista, un nuovo trasferimento di 7 migranti fu ugualmente bloccato.

I magistrati italiani attendono il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea sulla compatibilità del decreto governativo con le norme Ue. La pronuncia, attesa per il 25 febbraio, potrebbe segnare un punto di svolta: se la Corte Ue dovesse esprimersi contro l’Italia, il piano di esternalizzazione delle procedure d’asilo rischierebbe di collassare definitivamente.

Quanto accaduto oggi era facilmente prevedibile in base all'ordinanza interlocutoria n. 34898 del 30/12/2024, in materia di stranieri, con cui la Corte Suprema di Cassazione aveva commentato la propria decisione in merito all'ordinanza di non-convalida del trattenimento di un cittadino egiziano da parte del Tribunale di Roma, in merito alla quale le "Amministrazioni Statali" avevano fatto ricorso.

Che cosa aveva detto la Cassazione? Che spetta ai ministri competenti definire quali siano o meno i Paesi sicuri, ma un giudice "è chiamato a riscontrare, nell'ambito del suo potere istituzionale, in forme e modalità compatibili con la scansione temporale urgente e ravvicinata del procedimento de libertate, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento. Pertanto, egli è chiamato a verificare, in ipotesi limite, se la valutazione ministeriale abbia varcato i confini esterni della ragionevolezza e sia stata esercitata in modo manifestamente arbitrario o se la relativa designazione sia divenuta, ictu oculi, non più rispondente alla situazione reale". 

 In pratica, l'ordinanza aveva fotografato quanto accaduto alcune settimana prima, ritenendo corrette le decisioni del Tribunale di Roma e rimandando l'indicazione di linee guida da stilare in materia a ciò che sentenzierà in proposito la Corte di Giustizia il prossimo 25 febbraio, a seguito della questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Roma nelle cause riunite C758/24 e C-759/24, Alace e altro, nell'udienza pubblica presso la Seconda Sezione.

Dopo un pronunciamento del genere, che i membri della maggioranza - mentendo spudoratamente - avevano dichiarato dovesse essere interpretato come un via libera all'operato dell'esecutivo e al trasferimento dei migranti in Albania, era logico che i giudici della Corte d'Appello decidessero come quelli del Tribunale di Roma, in attesa di ciò che diranno i giudici in Lussemburgo a fine febbraio.

I commenti delle opposizioni...

Nicola Fratoianni, AVS: "Come qualsiasi persona dotata di buonsenso avrebbe immaginato, anche l’ennesima deportazione di migranti in Albania è finita in un nulla di fatto, in attesa della Corte Ue. Un finale già scritto ma che il governo Meloni ha voluto a tutti i costi non considerare, privilegiando la solita propaganda. Ora Giorgia Meloni non utilizzi anche questo episodio per fare la vittima e per accusare la Magistratura del nostro Paese. È lei l’unica responsabile di questo ennesimo fallimento. Devono smetterla di fuggire dalle loro responsabilità di fronte al Parlamento e al Paese".

Elly Schlein, PD: "Giorgia Meloni si rassegni, i centri in Albania non funzionano e non funzioneranno, sono un clamoroso fallimento. Aumentano a dismisura le risorse pubbliche sprecate a causa dell'ostinata volontà del governo di non rispettare le leggi e le sentenze europee. Chiederemo di avere il resoconto di tutti i costi sostenuti dallo Stato in questa missione. Secondo le nostre stime, siamo ormai a oltre un miliardo di euro che poteva essere investito per assumere infermieri e medici nei reparti svuotati della sanità pubblica".

Riccardo Magi, Più Europa: "Tutti i 43 migranti detenuti nel centro in Albania torneranno in Italia: la Corte d’Appello di Roma non ha infatti convalidato i trattenimenti, in attesa della sentenza della Corte di Giustizia Ue sui Paesi sicuri. È la conferma che i centri di detenzione in Albania operano nella totale illegalità, è la pietra tombale sulle politiche migratorie messe in atto finora da Giorgia Meloni tra forzature giuridiche e colpi di mano parlamentari come avvenuto con la cancellazione delle sezioni speciali e il trasferimento dei poteri alle Corti d’Appello, o la fantasiosa lista dei Paesi sicuri. A Meloni non resta che dichiarare fallito questo sadico esperimento ed evitarci le sue solite vagonate di vittimismo".