Anche lo scontro militare tra Gaza e Israele terminato con una tregua pochi giorni fa poteva essere letto in chiave elettorale.
Netanyahu, infatti, aveva tutto l'interesse di far naufragare il tentativo di Yair Lapid di formare un nuovo governo.
Il presidente Rivlin, dopo il tentativo andato a vuoto di Netanyahu, aveva affidato l'incarico di trovare una maggioranza al leader di Yesh Atid, il secondo partito più votato alle recenti politiche, guidato per l'appunto da Yair Lapid. La crisi tra Israele e Gaza sembrava averne minato qualsiasi possibilità di successo... invece, l'impensabile è accaduto.
La svolta si è avuta nel pomeriggio di domenica dopo che Naftali Bennett, ex delfino di Netanyahu, ha incontrato i leader del suo partito, Yamina, che gli hanno dato il via libera per il sostegno ad un governo di coalizione. I sei seggi di Yamina sono determinanti per superare la soglia dei 60 seggi necessaria per sostenere un governo, dato che sono 120 i parlamentari eletti alla Knesset.
Il sì di Bennett è arrivato con la promessa che sarà lui a guidare il nuovo governo fino a metà mandato, per poi passare il testimone a Lapid per la restante parte della legislatura. La stessa formula che Netanyahu aveva proposto a Gantz un anno fa.
L'annuncio ufficiale dell'accordo che è previsto in queste ore, al massimo entro lunedì, ha colto di sorpresa Netanyahu e lo stesso Likud che non credevano potesse mai realizzarsi.
Infatti, la collocazione politica naturale dell'ultranazionalista Naftali Bennett, così come quella del suo partito, è a destra, mentre il resto dei partiti di opposizione è di centrosinistra. Pertanto, quella che sta per nascere è prima di tutto una maggioranza anti-Netanyahu che ha come scopo principale quello di eliminare dalla scena politica israeliana il leader del Likud che, in tal modo, si troverà ad affrontare il processo che lo vede imputato in ben tre casi di corruzione non più come premier, ma come semplice parlamentare.
Quindi, anche se il nuovo governo partirà già fin da portando a casa un risultato gradito a più di metà dell'elettorato israeliano, non si può comunque scommettere neppure un centesimo sulla sua durata, considerando la distanza siderale delle forze politiche che lo compongono.