Di Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo - Salerno -

Il rapporto tra inquinanti e patologie che interessano l'uomo sembra diventare ogni giorno un argomento sempre più conosciuto. La scienza già da diversi anni sta lanciando allarmi non ascoltati. L'inquinamento atmosferico dovuto a smaltimenti dolosi e colposi, alle auto, ai camion, agli aerei , e a tutti i fenomeni di combustione è certamente responsabile di diverse patologie e anche malformazioni fetali e sterilità.

La politica in genere proiettata spesso verso investimenti ed economia, non riesce ancora a recepire la vera importanza e direi "la verità"  degli studi che oggi non lasciano nessuno scampo allo scetticismo, al politicante o all'imprenditore o pizzaiolo e ragioniere che  "crede di poter dire".

Oggi se non riduciamo e in breve tempo ogni fonte di inquinamento per la terra e i propri abitanti non esisterà futuro. In realtà stiamo già cambiando le generazioni future. 

Anche io con altri ricercatori  abbiamo  dato il nostro contributo ma a questo devono seguire azioni. Inutile parlare di green, di transizione ecologica, inutile piantare l'alberello una volta all'anno: la terra ha bisogno di azioni e anche di qualche sacrificio, non di chiacchiere.  La stessa Pandemia dovrebbe insegnare qualcosa... ma sembra che molti non lo abbiano ancora compreso. 

Il primo studio, presentato in anteprima al 104° Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, prendeva in considerazione i tumori della testa e del collo e alcune patologie della tiroide. In questi pazienti abbiamo dosato 14 metalli pesanti nel sangue e nel capello e 12 policlorobifenili nel sangue. Lo studio è stato pubblicato nel 2018 sulla rivista Biometals. 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29520558/

Il secondo studio pilota, concluso nell'ottobre 2019, era un ampliamento del primo e ha preso in considerazione diversi tipi di cancro, in dieci casi erano tumori della mammella e abbiamo avuto la sorpresa di osservare che tutti erano positivi agli stessi metalli e PCB. D'altronde metalli sono stati ritrovati anche nei tessuti cancerosi della mammella da altri gruppi di ricerca quasi contemporaneamente. I metalli pesanti e PCB sono stati ritrovati anche in altri tipi di cancro che abbiamo descritto, mettendo in correlazione i dati ottenuti con la zona di provenienza del volontario.

https://symbiosisonlinepublishing.com/cancerscience-research/cancerscience-research52.php 

Quello che è emerso dalla nostra ricerca è una presenza molto più alta del limite considerato normale di metalli pesanti e PCB nei pazienti oncologici. Neoplasie simili presentavano gli stessi tipi di inquinanti e non abbiamo trovato correlazioni con la gravità o lo stadio del tumore. Questi inquinanti (in particolare i metalli pesanti) in molti casi erano presenti in quantità tre volte superiori al valore massimo ritenuto normale. Non conosciamo ancora il meccanismo preciso con il quale questi inquinanti sostengono, inducono o collaborano allo sviluppo della patologia oncologica, alcune sostanze inquinanti certamente agiscono quali interferenti endocrini, o interferiscono direttamente con il DNA oppure creano stress  ossidativi complessi. È evidente che chi vive in ambienti con forte presenza di inquinanti è esposto quotidianamente al contatto, all'inalazione o ingestione di queste sostanze. Alcuni sviluppano le patologie, altri no. Questo è probabilmente l'enigma maggiore da risolvere.

Il cosiddetto progresso negli ultimi 100 anni ad esempio ha prodotto tantissime molecole chimiche, che pur dandoci l'illusione di progresso, sono poi state bandite per gli effetti gravi che avevano sulla salute. Ricordo i policlorobifenili che abbiamo messo un poco dappertutto, gli stessi ftalati che abbiamo usato anche nei biberon dei bambini. Così anche alcuni farmaci possono essere annoverati tra "gli errori del progresso"... ricordo ad esempio la talidomide ritenuta all'epoca un innocuo anti-emetico in gravidanza e che si dimostrò teratogeno, provocando la nascita di bambini con gravissime malformazioni agli arti.  

Molte di queste sostanze insieme ai tanto nominati "metalli pesanti" e che ritroviamo poi nei famosi Pm10 -2,5 ecc. ecc. insieme ad altre sostanze, agiscono in modo molto subdolo su alcuni punti del nostro organismo. Molti mimano gli ormoni, e per questo si chiamano "interferenti endocrini", sostanze che agiscono in concentrazioni di milionesimo di grammo e spesso si "bioaccumulano" nelle persone esposte.  

Queste sostanze possono agire in momenti particolari delle fasi della vita, colpendo le popolazioni maggiormente vulnerabili. Una esposizione a tali sostanze può condizionare negativamente, lo sviluppo, la riproduzione, la crescita e il comportamento sia dell'uomo che delle specie animali. Queste sostanze posso accendere o spegnere e modificare i vari segnali inviati con gli ormoni, e i loro effetti insidiosi e subdoli spesso non sono visibili .

Altro allarme e già ampiamente conosciuto e riportato ampiamente ad esempio in ogni Master Plan aeroporti o altre situazioni è il rapporto strettissimo tra patologie ed accidenti cardiovasacolari e inquinamento, sempre da Pm .

Al XXXIX congresso  "Conoscere e curare il Cuore" organizzato dalla Fondazione “Centro Lotta contro l’Infarto”  e tenutosi a Firenze il 20-23 Ottobre  si è posto l'accento su questo.

Sempre di più, il Congresso sta scommettendo su temi di interesse per il governo della salute pubblica generale supportati da solide evidenze scientifiche.

L’eziopatogenesi degli eventi aterotrombotici è complessa e dipende dai ben noti fattori di rischio modificabili e non modificabili come la predisposizione genetica, lo stile di vita e fattori ambientali; tra questi ultimi, l’inquinamento atmosferico sta richiamando l’attenzione sempre maggiore dei ricercatori.

Sebbene ci siano molte evidenze sugli effetti dannosi multisistemici dell’inquinamento atmosferico, un recente documento congiunto della European Respiratory Society (ERS) e della American Thoracic Society (ATS) ha identificato l’apparato cardiovascolare come il suo principale bersaglio.
L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di gas (monossido e ossido di azoto, ozono, diossido di zolfo, ammoniaca), goccioline volatili (chinoni e idrocarburi aromatici policiclici) e particolato (particulate matter, PM), una miscela eterogenea comunemente classificata sulla base delle dimensioni delle particelle in particolato grossolano (PM10: diametro aerodinamico <10 µm), fine (PM2.5: diametro aerodinamico <2.5 µm) e ultra-fine (PM0.1: diametro aerodinamico <0.1 µm).

Negli ultimi 30 anni, diversi studi hanno inequivocabilmente correlato gli inquinanti atmosferici e soprattutto il particolato, alle malattie cardiovascolari.

Il particolato fine è la principale componente dell’inquinamento atmosferico che causa malattie cardiovascolari. Ad oggi, sia l’esposizione a breve termine – ore o giorni – sia l’esposizione a lungo termine – anni o decadi –, si sono dimostrate associate direttamente o indirettamente al rischio di malattia coronarica. Infatti, mentre diversi studi prospettici di coorte hanno evidenziato come l’esposizione prolungata al PM2.5 si associava allo sviluppo di aterosclerosi e di fattori di rischio cardio-metabolici, quali ipertensione arteriosa e diabete mellito, l’esposizione a breve termine al PM2.5 si è dimostrata un trigger per eventi coronarici acuti, soprattutto in soggetti con malattia coronarica preesistente.

In una meta-analisi pubblicata nel 2014, Cesaroni et al. dimostravano che l’esposizione prolungata al particolato era associata ad aumentata incidenza di eventi coronarici nelle 11 coorti incluse nell’European Study of Cohorts for Air Pollution Effects (ESCAPE). Lo studio dimostrava un aumento del 13% di eventi coronarici acuti non fatali per ogni 5 mcg/m3 di aumento di esposizione al PM2.5, e un aumento del 12% di eventi coronarici per ogni 10 mcg/m3 di aumento del PM10. Anche una più recente meta-analisi pubblicata nel 2021 ha dimostrato come l’esposizione prolungata al PM2.5 e al PM10 si associ a rischio di infarto miocardico. Dati recenti supporterebbero inoltre l’ipotesi che i pazienti con malattia coronarica preesistente siano a maggior rischio di sperimentare eventi coronarici acuti rispetto ai soggetti sani dopo esposizione di breve durata a più alte concentrazioni di inquinanti atmosferici.

“Una patologia che sembra colpire maggiormente le donne - commenta Francesco Prati, Presidente della Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto – è l’alterata funzionalità del microcircolo (coronary microvascular dysfunction, CMD). Questa malattia, infatti, è più frequente nel sesso femminile e non a caso molti studi sono stati condotti nelle donne. Secondo una definizione recentemente accolta dalla comunità internazionale, l’alterata funzionalità del microcircolo richiede segni e/o sintomi di ischemia miocardica in assenza di malattia coronarica ostruttiva significativa. La CMD è pertanto responsabile di ischemia miocardica ed in qualche caso angina, in assenza di stenosi significative del distretto epicardico. In altri casi, la CMD può rappresentare una concausa di angina anche in presenza di malattia coronarica, cardiomiopatie o scompenso cardiaco. è lecito chiedersi se il microcircolo possa essere chiamato in causa per la complicanza più temibile della cardiopatia ischemica: l’infarto miocardico. Sono disponibili diverse tecniche, invasive e non, per analizzare lo stato funzionale del microcircolo coronarico. In pazienti con vasi epicardici indenni da lesioni significative, la riserva di flusso coronarico (coronary flow reserve, CFR) fornisce una attendibile stima della funzione del microcircolo. Ulteriore indice invasivo di analisi del microcircolo è l’indice di resistenza microvascolare (index of microvascular resistence, IMR) che sfrutta il principio di termodiluizione e può essere agilmente determinato attraverso una guida intracoronarica di pressione e temperatura. Tra le tecniche non invasive, l’ecocolordoppler transtoracico rappresenta sicuramente la metodica di più immediato utilizzo e basso costo, benché spesso ostacolata dalla intrinseca difficoltà nell’ottenimento di un segnale doppler coronarico ottimale. Lo stato funzionale del microcircolo può essere indagato anche mediante risonanza magnetica cardiaca (RMC), strumento utilizzato in particolare per studiare il fenomeno di no-reflow causato da ostruzione del microcircolo dopo ripristino della pervietà del vaso epicardico responsabile di infarto. L’indagine tramite tomografia ad emissione di positroni (PET), per la sua capacità di quantificare in maniera affidabile il flusso sanguigno per grammo di miocardio, rappresenta attualmente il gold standard tra le metodiche di imaging per lo studio del microcircolo. In molti casi la CMD causa semplicemente ischemia da sforzo o a riposo, in assenza di angina. Analogamente ai soggetti con malattia coronarica epicardica, i pazienti con CMD possono accusare angina pectoris tipica, così come sintomi atipici o dispnea da sforzo. Inoltre – conclude Francesco Prati - l'angina nei soggetti con CMD può comparire anche a riposo, soprattutto in coloro che presentano un meccanismo vasospastico o di aumento del tono dei piccoli vasi. Non c'è dubbio che l’angina dovuta a CMD peggiori la qualità di vita. Secondo le linee guida internazionali, l’impiego di una strategia atta all’individuazione dei soggetti con CMD e dei meccanismi che ne sono responsabili, si traduce in un miglioramento della qualità di vita”.



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