"Cimitero dei Martiri di Kerman", mecoledì 3 gennaio, due bombe esplodono seminando morte nella folla riunitasi per commemorare l'anniversario della dipartita dell'ex generale iraniano Qasam Soleimani.
Secondo fonti iraniane il numero delle vittime provocate dalle due esplosioni, sarebbe di 100 morti. Altre fonti non ufficiali indicano invece un numero più alto, addirittura potrebbe sfiorare i 200 morti. Alcuni giorni dopo però i canali ufficiali Telegram dei Pasdaran vedono a ribasso il conteggio dei deceduti. Si parla di poco più di 80, forse 83. Centinaia sono invece i feriti.
Il regime di Theeran è sconvolto, si tratta della strage peggiore nel paese dalla proclamazione della Repubblica del 1979.
Subito dopo gli attentati, la guida suprema Khamenei twitta “I criminali insensibili non potevano tollerare l’amore e l’entusiasmo del popolo nel visitare il luogo di riposo del loro grande comandante, il martire Qassem Soleimani”.
L’Ayatollah non nomina USA e neanche Israele ma il riferimento appare limpidissimo, soprattutto quando cita come responsabili i "nemici malvagi e criminali della nazione iraniana" che prima o poi secondo lo stesso, avranno una risposta "dura e adeguata".
Ebrahim Raisi presidente della Repubblica Islamica gli fa da eco, prima con qualche tweet in cui esprime dolore per la strage e successivamente, a distanza di qualche giorno, partecipando proprio ai funerali delle vittime dell'attentato, durante i quali dichiara che "il luogo e il tempo della vendetta iraniana saranno scelti dalla Repubblica Islamica". Aggiungeremo noi, osservatori esterni, "e da chi se no?.
Inizia così fin da subito la caccia ai responsabili che l'Iran identifica con assoluta certezza nell'Impero del Male USA e nel "regime sionista" d'Israele.
Non ci sono prove, le indagini in quel momento non sono ancora partite e il "modus operandi" non coinciderebbe per niente con il tipo di attacco che potrebbe perpetrare Israele contro un suo nemico.
Per un brevissimo lasso di tempo l'èlite iraniana accantona anche l'idea (salvo poi riprenderla con forza) di un attentato orchestrato da Usa e Israele e punta il dito contro due forze armate separatiste sunnite, responsabili di piccoli attentati negli anni passati.
Nelle prime 24/48 i contorni della drammatica vicenda risultano effettivamente molto oscuri. Molte le domande che attendono risposta.
Sono state due bombe telecomandate a distanza? O erano presenti nella folla due kamikaze?
Neanche i vari video che iniziano a circolare in rete e le prime indagini ufficiali sembrano poter risolvere la questione.
Ad un tratto però accade quello che non ti aspetti. Il canale Telegram dell'ISIS annuncia un imminente comunicato. Pochi minuti dopo lo Stato Islamico tramite un post su Telegram rivendica l'attentato e gioisce per i due kamikaze che hanno seminato morte e distruzione in Iran.
E' una beffa da non credere per il regime fondatore della Jihad islamica, quello che per anni ha continuato a muovere i fili delle organizzazioni terroristiche (Hamas, Hezbollah, Huthi), quello che da anni minaccia di distruggere Israele, quello della polizia morale, del hijab indossato in maniera corretta, delle esecuzioni in piazza, delle frustate ai manifestanti, delle spose bambine, dello stupro come mezzo per fermare il movimento femminista, della repressione nel sangue, di Masha Amini.
E' una beffa soprattutto per l'elite, smascherata in maniera a dir poco clamorosa dal Califfato che twitta "la nostra è una guerra di religione, anche contro i paesi islamici".
L'establishment clericale fa quadrato attorno alla Guida suprema e comincia a sostenere che lo stesso ISIS sia una milizia finanziata da Usa e Israele e che i soldati di Daesh altro non sono che mercenari pagati da Israele.
I tentativi di giustificarsi e di affermare di essere sotto attacco di potenze straniere, agli occhi del suo popolo però non producono alcun effetto o comunque non come vorrebbero Raisi e Khamenei.
Le strade della capitale vengono tappezzate da poster e cartelloni con il disegno di Soleimani che accoglie in paradiso i nuovi martiri della Repubblica morti nelle esplosioni. In altri cartelloni l'ex generale viene rappresentato in paradiso mentre consegna armi ai soldati di Hamas pronti a difendere la Palestina.
E' iniziato il vittimismo di Stato guidato dall'elite.
Il popolo iraniano però non sembra più succube come una volta. Il Movimento femminista "Donne, diritti e libertà" scende di nuovo in piazza per ricordare Masha Amini, la ragazza morta a seguito delle ferite riportate in occasione dell'aggressione della polizia morale. Dall'inizio delle proteste (più di un anno fa) più di 550 sono i giovani iraniani giustiziati, centinaia invece le giovani stuprate dalle autorità. Le repressioni della polizia non si fermano e diventano sempre più dure.