«Quella politica è una passione già nata ai tempi dell’università, messa da parte per adempiere agli obblighi imposti dalla professione. ... Non c’è da meravigliarsi se la politica chiede agli uomini della magistratura di scendere in campo, siamo esecutori della legge e tutti i giorni siamo testimoni dei pregi e dei difetti delle norme e siamo a contatto con la società. In un clima come quello che stiamo vivendo, in cui i cittadini sono sfiduciati nei confronti della politica, la figura del giudice può restituire credibilità alla politica e pertanto si chiede la candidatura ai magistrati. Starò nel centrodestra, ma non ho ancora deciso in quale schieramento. ... Fare della politica una professione allontana spesso l’eletto dalle vere esigenze dei cittadini, farla con la passione civica restituisce alla politica i valori originari che dovrebbe mantenere».

Queste alcune delle dichiarazioni rilasciate al tempo dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avezzano Paolo Andrea Taviano, quando nel 2013 si mise in aspettativa per candidarsi nel 2013 con la lista Fiamma Tricolore Destra, nello schieramento di centrodestra,  alle elezioni regionali nel Lazio e alle  Politiche. (fonte il Centro)

Ritornato a fare il giudice delle indagini preliminari, questa volta per il tribunale Roma, Taviano in questi giorni è tornato alla ribalta della cronaca per aver intimato al giornale online Fanpage di oscurare l'inchiesta su Claudio Durigon e sui fondi della Lega.

L'aspetto che rende paradossale le decisione del giudice Taviano è il fatto che quell'inchiesta aveva avuto rilevanza nazionale perché si riportava, ciò che il parlamentare Durigon aveva spontaneamente rivelato ad un giornalista che lo aveva registrato: "Quello che indaga della Guardia di Finanza… il generale… lo abbiamo messo noi". 

Nell'inchiesta si racconta anche la carriera politica e il ruolo da lui svolto nel creare gli attuali rapporti fra UGL e Lega, oltre alla vicenda dei 49 milioni e ai "presunti" rapporti con esponenti della criminalità in provincia di Latina. Di recente l’ex sottosegretario leghista è stato poi costretto a dimettersi dopo le dichiarazioni rilasciate a Latina sul parco da intitolare ad Arnaldo  Mussolini, fratello di Benito.

L'articolo 21 della Costituzione, dice che "la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure" e che "si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi".

Il Gip Taviano, invece, ha deciso di procedere al sequestro preventivo e al conseguente oscuramento dell'inchiesta solo per il reato di diffamazione. Inoltre, non è ben chiaro come si possa diffamare qualcuno riportando ciò che qualcuno ha detto e ha fatto.

Per avere chiarimenti in merito, al Senato, è stata presentata una interrogazione parlamentare alla ministra della Giustizia, Cartabia. Nel caso il provvedimento del giudice Taviano dovesse essere confermato o ritenuto per qualche ragione oggettivamente valido, in Italia potremmo dire addio al giornalismo d'inchiesta, con sicura soddisfazione di almeno metà dei parlamentari eletti a Camera e Senato e di quella di tutti i partiti di appartenenza.

Ma in fondo a ben pensarci anche l'Ungheria di Orban, dove la censura ai media è in atto da anni, continua a far parte dell'Unione europea. Quindi anche l'Italia può fare altrettanto... in fondo i provvedimenti di Orban sono quelli che  vogliono riproporre in Italia i paladini delle loro libertà del calibro di Meloni e Salvini. Pertanto, perché non dovremmo iniziare ad adeguarci al futuro che verrà?


In serata però c'è stata la svolta, con il tribunale di Roma che ha deciso di fare marcia indietro, notificando con il tramite della Polizia postale un nuovo provvedimento, questa volta a firma della Gip Claudia Alberti, del procuratore della Repubblica Michele Prestipino Giarritta e del procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli, con cui si dispone la revoca delle precedenti misure. 

"Grazie. È l’unica cosa che riusciamo a dire, dopo queste incredibili ventiquattro ore", ha commentato il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. "Pochi minuti fa, infatti, la polizia postale di Napoli ci ha notificato il decreto con cui la Procura di Roma ha disposto la revoca del sequestro preventivo e dell’oscuramento dei video relativi all’inchiesta Follow The Money sui fondi della Lega. Grazie, quindi. Perché senza l’enorme mobilitazione in difesa di Fanpage.it di colleghi, politici e di tanti, tantissimi cittadini, non crediamo che tutto questo sarebbe accaduto.Grazie, anche se non c’è nulla festeggiare. Non c’è nulla da festeggiare, per prima cosa, perché abbiamo semplicemente difeso un diritto che credevamo acquisito, quello della libertà della stampa, che invece ci era stato improvvisamente e incredibilmente negato. Non c’è nulla da festeggiare, perché da ieri abbiamo maturato ancor di più la consapevolezza che esiste un pezzo di Paese per cui si possono sequestrare e oscurare inchieste e interi giornali senza colpo ferire.Non c’è nulla da festeggiare, perché da nessuna parte, nemmeno nella revoca, si attesta il principio che mai e poi mai un contenuto giornalistico debba essere messo sotto sequestro o oscurato in via preventiva, salvo che nei casi previsti dalla Costituzione, casi tra cui non rientra la diffamazione. Non c’è nulla da festeggiare, perché noi siamo un giornale grande, con tantissimi lettori e una community enorme.Ma se quello che è successo a noi fosse accaduto a un giornale più piccolo, con pochi lettori e senza alcuna possibilità di difendersi, o di farsi difendere? Ci sarebbe stata lo stesso, secondo voi, una revoca del decreto di sequestro e oscuramento nel giro di ventiquattr’ore?Conoscete già la risposta. Forse non l’avrebbe saputo nessuno. Forse, addirittura, è già successo, e nessuno l’ha saputo. E di fronte a notizie scomode, a inchieste difficili, a nomi potenti avremmo meno giornalisti disposti a rischiare per fare bene il loro lavoro. Sembra impossibile? Anche quel che è successo a noi lo sembrava. Fino a che non è successo.Ecco perché non dobbiamo abbassare la guardia. Oggi abbiamo vinto una piccola grande battaglia. Ma la guerra è lunga. Ed è appena cominciata".