Il sovranismo meloniano, quello che a dire della sua fondatrice avrebbe dovuto risollevare e inorgoglire le sorti della nazione, è in realtà una leva per disgregare fin dalla fondamenta il dettato costituzionale e, di conseguenza, l'unità dell'intero Paese.

Lo dimostra, ulteriormente, la vicenda Delmastro, dove un sottosegretario alla Giustizia si rifiuta di dimettersi perché non riconosce la sentenza di un tribunale, dicendo che il proscioglimento - in sostanza motivato dal Pm Ielo con l'incapacità, l'inadeguatezza e la dabbenaggine dello stesso Delmastro (!!!) - chiesto dal pubblico ministero sarebbe stata la decisione più giusta.

Un'affermazione scandalosa per un rappresentante delle istituzioni e due volte scandalosa considerando che Delmastro è anche sottosegretario alla Giustizia.

Ma non bisogna neppure dimenticare che il feroce (post) fascista piemontese, che voleva togliere il respiro ai condannati, è anche membro di una maggioranza che chiede la separazione delle carriere nella magistratura per una più corretta imparzialità di giudizio. Adesso che un giudice, optando per una sentenza in netto contrasto con la richiesta di un Pm, dimostra che non vi è assolutamente sintonia tra chi accusa e chi giudica, Delmastro e tutti i (post) fascisti che lo sostengono sostengo che il giudice avrebbe dovuto fare ciò che il Pm chiedeva. 

A questo punto le possibilità sono due: o questa maggioranza che governa il Paese è formata da un'accozzaglia di fuori di testa oppure, se sono in grado d'intendere e di volere, è evidente che ritengono gli italiani che li hanno votati dei perfetti idioti o, se si preferisce, dei poveri cretini.


Questa l'ultima esternazione del (post) camerata Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d'Italia, sottosegretario di Stato alla Giustizia e  avvocato: 

"Tre richieste di assoluzione della Procura e una condanna politica che si commenta da sola. Non mi piego e non mi fermo: attendo le motivazioni per proporre appello, certo che ci sarà un giudice a Berlino.Nel frattempo, continuo a fare il mio lavoro: difendere il carcere duro, l'ergastolo ostativo e portare avanti le riforme che l'Italia aspetta da troppo tempo".
Così, in una nota, gli ha risposto l'Associazione Nazionale Magistrati:

"Per dimostrare l'inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l'imputazione, ed alla richiesta di assoluzione di un pm il Tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l'Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l'assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm". Ad affermarlo è la Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati."Siamo, invece, sconcertati – prosegue la Giunta – nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche"."Siamo, tuttavia, confortati dalla consapevolezza che i magistrati del Tribunale di Roma hanno semplicemente applicato la legge con onore e responsabilità, come fanno ogni giorno i magistrati italiani", conclude la nota Anm.

A questo punto è necessario che il tanto celebrato ed osannato Sergio Mattarella, in qualità di capo dello Stato, facesse sentire la sua voce, riportando alla ragione Delmastro, Meloni e la maggioranza. Ma il capo dello Stato tace... come ha taciuto anche i passato e quello che sta accadendo ora ne è evidente conseguenza.