Sono diverse le ragioni per cui ci si fa guerra, e da sempre l’umanità non ha fatto altro. Ci sono gli interessi, per contendersi le risorse, le ricchezze; c’è il bisogno di spazio per vivere; c’è il senso di potere e di grandezza, rivendicando una qualche propria superiorità rispetto ad altri. Le vediamo queste cose anche oggi, in tante parti e i più scafati, o realisti, anche se le condannano in fondo le prendono come cose normali a cui siamo abituati. Ma quello che accade in questi giorni ha in sé qualcosa di diverso e terribile.

Non riconoscere all’altro non il diritto a possedere, occupare, ma lo stesso “diritto di esistere” è qualcosa di devastante che non ha soluzione; non c’è accomodamento possibile se non con l’annientamento di una delle parti. E i due estremismi, la destra israeliana e le formazioni jihaidiste, giocano in fondo la stessa partita e l'odio verso l'altra parte è la propria ragion d'essere. 

C’è in quello che accade un carico di odio cieco con cui non è possibile alcun ragionamento. Non è però il momento, né la circostanza questa, per disamine di nessun tipo, per valutazioni delle eventuali responsabilità, equilibrismi e…si ma.

Quell’ectoplasma che chiamiamo pomposamente “comunità internazionale” ha permesso che entità, gruppi terroristici fanatici, crescessero si organizzassero e ricevessero aiuti finanziari e militari fino a potersi muovere con veri e propri eserciti in barba e al di fuori delle stesse regole che essa si era data.

Non ci sarà alcuna possibilità di ragionare su come trovare un modo per una convivenza pacifica, per le famiglie tutte e di qualunque etnia, in quella parte di mondo fino a che i vari Hamas, Hezbollah non saranno annientati, e agli Stati canaglia che li sostengono e fomentano sarà consentito di continuare ad agire indisturbati. O, in alternativa, che si arrivi alla soluzione definitiva della questione palestinese cancellandone il problema. 

Non sono ottimista al riguardo e, per ora, resta pieno il diritto di chi è aggredito a difendersi meglio che può.