Il governatore della Puglia Michele Emiliano, il 5 giugno, sul suo profilo facebook commentava con queste parole la vendita dell'Ilva: "Il ministro Calenda ha firmato il decreto di aggiudicazione del Gruppo Ilva ignorando le richieste formulate dai sindacati di un ulteriore confronto. Ignorando, inoltre, i contenuti del rilancio operato dall'altra cordata e rinunciando di fatto a migliorare, attraverso una ulteriore competizione nell'interesse di ambiente e lavoratori, le proposte in campo.

Rimangono degli interrogativi sospesi: quando avrà inizio l'opera di ambientalizzazione più volte rivista? Non entro il 30 settembre dal momento che sarà difficile che la commissione europea possa esprimersi entro quella data sulla potenziale sovraproduzione del gruppo Mittal.

Chi assicura che Mittal non abbandoni l’operazione nel caso in cui la commissione europea ponga condizioni non più convenienti?

Chi garantirà il mantenimento degli impegni occupazionali (già oggi assolutamente insoddisfacenti) nel caso in cui la commissione europea abbassi sensibilmente la produttività di Ilva?

È stato valutato il costo per la collettività del tempo necessario alla commissione per esprimersi?

Chi garantirà la continuità aziendale in questo lasso di tempo, che potrebbe essere anche lunghissimo? E a che costo, visto il totale spregio del piano ambientale di fatto sospeso dalla firma del decreto? Ancora una volta motivazioni imperscrutabili finiscono per ripercuotersi sulla comunità tarantina e pugliese.

Nulla nella firma del decreto risulta razionale o anche solo logico. Nulla nella fretta indiavolata del ministro Calenda risulta aver, anche incidentalmente, valutato gli effetti della sua decisione sulla vita dei tarantini. Con una sola firma sono state mortificate le legittime aspirazioni di una città e di un asset strategico del paese. Uno sconcertante esempio di pressapochismo politico rischia di mettere la parola fine alla storia dell'Ilva e alla speranza di ambientalizzare il controverso simbolo di Taranto."

Il giorno dopo, invece, commentando l'acquisto dell'Ilva dal sito della regione, Emiliano usava toni del tutto diversi e molto più conciliatori, concludendo il suo interveneto con l'auspicio che [in futuro] ci possa essere spazio per migliorare prezzo, investimenti e occupati.

Il solito Emiliano uno po' dottor Jekyll e un po' mister Hyde, ma non è una novità. In ogni caso, va dato atto ad Emiliano che le sue preoccupazioni non sono del tutto campate in aria.

Infatti, della cordata vincitrice, fa parte anche il gruppo Marcegaglia, operante nel settore acciaio e garante - diciamo così - dell'italianità dell'azienda, almeno dal punto di vista tecnico. In un comunicato, così Antonio Marcegaglia, presidente e CEO di Marcegaglia, aveva commentato l'operazione: «Quale partner industriale italiano del Consorzio vincitore, ci impegneremo a fondo in spirito di collaborazione affinché tutte le parti interessate possano trarre il massimo beneficio da questa straordinaria opportunità di rilancio del più grande asset siderurgico europeo che è Ilva.»

Ma secondo quanto pubblica il Fatto Quotidiano, l'impegno dei Marcegaglia in questa operazione straordinaria di rilancio dell'Ilva sarebbe quello di cedere a breve la sua quota ad Intesa Sanpaolo, "creditrice sia del gruppo dell’ex presidente di Confindustria sia delle acciaierie pugliesi", per migliorare la propria situazione debitoria, al momento piuttosto alta.

Se questo fosse realmente l'epilogo della cordata vincente, non si potrebbero non nutrire dubbi sul perché la gara sia stata assegnata alla cordata Arcelor-Marcegaglia, invece che alla concorrente Acciaitalia.