Un'altra batosta per il premier britannico Rishi Sunak: i cinque giudici della Corte suprema hanno confermato all'unanimità la sentenza della Corte d'appello secondo cui esisteva un rischio reale che i migranti che lui voleva deportare in Ruanda vedessero le loro richieste di asilo essere valutate erroneamente nel paese dell'Africa orientale e che pertanto avrebbero potuto essere rimandate ingiustamente nel loro paese di origine dove avrebbero rischiato persino di essere uccisi.

La sentenza mina una delle promesse chiave dell'attuale primo ministro che pretendeva di fermare l'arrivo di migranti nel Regno Unito... deportandoli in Ruanda.

Nella sentenza, il presidente della Corte Suprema ha affermato che i giudici concordano all'unanimità con quanto era stato deciso in precedenza dalla Corte d'appello.

Il presidente ha anche sottolineato il contributo per arrivare a tale decisione fornito dall'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'UNHCR, che ha evidenziato il fallimento di un precedente accordo di deportazione siglato tra Israele e Ruanda.

La sentenza è arrivata il giorno dopo che il ministro degli Interni Suella Braverman, appena licenziata dal suo incarico, ha diffuso una dichiarazione in cui accusava il primo ministro di aver violato un accordo volto a inserire nuove norme nel sistema giudiziario britannico che avrebbero "bloccato" quelle del diritto internazionale a protezione dei richiedenti asilo, rendendole inutili.

In reazione alla sentenza, Sunak ha affermato che il governo valuterà i prossimi passi e ha affermato che esiste un piano B:

"Questo non era il risultato che volevamo, ma abbiamo passato gli ultimi mesi a pianificare tutte le eventualità e rimaniamo completamente impegnati a fermare gli sbarchi". 

Quale sia il piano B, al momento, non è dato sapere.

Da aggiungere che il piano di deportazione dei migranti in Ruanda ha ispirato la premier Meloni che lo ha "scimmiottato" con l'accordo - ad insaputa della sua stessa maggioranza - siglato con l'Albania, dispendioso e privo di logica, presentato a Roma nei giorni scorsi, in base al quale l'Italia costruirà sull'altra sponda del Mediterraneo dei CPR che avrebbe dovuto costruire in Italia.