Martedì 13 giugno, la regione Veneto ha annunciato di volersi opporre, ricorrendo alle vie legali, al decreto della ministra della Salute Beatrice Lorenzin sull'obbligo vaccinale. Queste le ragioni espresse dal presidente della regione Luca Zaia a supporto dell'iniziativa da lui promossa.

«Non siamo contro i vaccini, nè intendiamo metterne in discussione la validità scientifica – ha precisato Zaia – ma siamo contrari alle modalità coercitive che inquietano i genitori e finiranno per favorire l’abbandono della scelta vaccinale. Alle legittime preoccupazioni delle mamme e dei papà per un programma di vaccinazioni così concentrato, e per certi versi immotivato, non si risponde con l’imposizione dell’obbligo e le multe, ma con l’informazione e il dialogo. Mi auguro che il Parlamento, in sede di conversione del decreto legge, abbia a modificarlo. In caso contrario, la Regione Veneto impugnerà anche la legge.

In Veneto, unica regione d’Italia ad aver abolito dieci anni fa l’obbligo vaccinale – ha continuato il presidente della regione - risultano vaccinati con il siero esavalente il 92,6 per cento dei nati nel 2016: un indice di copertura in netta ripresa dopo il minimo storico dell’88,6 per cento registrato del 2014.

Le performances documentate dall’anagrafe vaccinale informatizzata della Regione dimostrano che il modello veneto funziona. Un modello che vorremmo fosse replicato a livello nazionale, basato sull’informazione e sul convincimento consapevole, e non su obblighi inapplicabili e su multe sperequative fino a 7500 euro. Del resto non siamo i soli ad aver sposato la libertà di scelta e la responsabilizzazione consapevole: in Europa ci sono 15 Paesi in Europa che non impongono l’obbligo vaccinale e in 14 paesi nei quali vige una strategia mista, che fa convivere vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni facoltative.

Il decreto, così come è stato formulato dal Governo lede l’autonomia della Regione, monetizza l’obbligatorietà creando sperequazioni tra i cittadini e ignora il vincolo di stipulare prima una intesa con le Regioni per definire le modalità applicative e ripartire i costi del piano di vaccinazioni di massa. Tant’è che non ci sono nemmeno i tempi tecnici, le strutture e le risorse per applicare da subito le disposizioni governative.»

Ma ci sono anche ragioni di ordine pratico che hanno indotto la regione Veneto a schierarsi contro il decreto della Lorenzin.

Secondo l'assessore alla sanità del Veneto, Luca Coletto, «il nuovo decreto ha portato da 4 a 12 le vaccinazioni obbligatorie da 0 a 16 anni, ma è stato formulato senza alcuna intesa preventiva con le regioni: nei nuovi Lea non è prevista la copertura dei costi. Il Piano nazionale di vaccinazioni è tarato su 4 vaccini obbligatori (antipolio, antidifterica, antitetanica e antiepatite B) e gratuiti e prevede quindi un impegno di spesa di 300 milioni, distribuiti in due annualità.

Si poteva affrontare in modo diverso il problema della prevenzione vaccinale – continua Coletto – rendendo obbligatorio il ricorso ai vaccini solo nel caso in cui il tasso di copertura fosse inferiore alla soglia "di gregge" raccomandata dalla comunità scientifica. Privilegiare, invece, il modello impositivo significa andare allo scontro con le preoccupazioni dei genitori, tradire il rapporto di fiducia tra medici e cittadini e distogliere risorse significative dai programmi di prevenzione rivolti alle patologie croniche invalidanti, la cui cura assorbe circa il 70 per cento della spesa sanitaria.

Il Veneto ha privilegiato da anni la scelta volontaria in tema di prevenzione vaccinale – conclude l’assessore alla Sanità – grazie ad una informazione trasparente e alla responsabilizzazione di genitori e autorità locali. Non intende, perciò, rinunciare ad una scelta culturale e di civiltà che si è dimostrata valida e rispettosa della libertà e dei diritti di tutti i cittadini.»