Mentre i il governo Meloni fa credere di voler risolvere i problemi dell'Africa, ancora non sembra in grado di risolvere l'infinito problema della ex Ilva contesa tra lnvitalia, che detiene il 38% delle quote e gli indiani di ArcelorMittal che hanno invece la maggioranza e che con il loro 62% hanno operato non per rilanciare l'azienda, ma per chiuderla, per favorire produzione e prezzi dei loro altri impianti sparsi in giro per l'Europa e l'Asia.

Per questo, ieri, operai e sindacati, al grido Morselli e Mittal via da Taranto, in 5mila hanno sfilato attorno al perimetro dello stabilimento ex Ilva di Taranto per chiedere al governo di estromettere la multinazionale dalla compagine societaria di Acciaierie d'Italia e assumere il controllo dello stabilimento.

E mentre manifestavano, ad alcuni degli operai sono arrivate le lettere di licenziamento, inviate da una azienda subappaltatrice dell'indotto di Acciaierie d'Italia:

"Con la presente si comunica la cessazione del suo rapporto di lavoro dovuta alla mancanza di ordini e commesse da parte della società Acciaierie d'Italia poiché la stessa ha interrotto drasticamente tutti i lavori di manutenzione e costruzione al proprio interno. Per quanto sopra il suo rapporto di lavoro viene risolto per giustificato motivo oggettivo e pertanto dovrà ritenersi licenziato in data 31 gennaio 2024. Le sue spettanze, unitamente ai suoi documenti di lavoro, saranno a disposizione presso i nostri uffici".

E se una soluzione non verrà trovata, lettere simili arriveranno non solo ad altre aziende appaltatrici, ma anche alle persone assunte direttamente all'interno dell'acciaieria. 

"Il Governo - ha dichiarato ieri l'USB - deve prendere atto della manifestazione di oggi e della necessità di salvare l'indotto per salvare i lavoratori tutti, anche i diretti  e gli ex Ilva in As.  Non ci sono alternative all'emendamento al decreto in via di conversione in questi giorni, che deve prevedere lo spostamento di almeno 150 milioni alle aziende dell'appalto per evitare il default, che ricadrebbe sui lavoratori. Da Taranto oggi arriva al Governo un messaggio di unità al quale non si può che rispondere in una maniera netta. Se questo non dovesse accadere, bisogna essere consapevoli che si va incontro al rischio di una bomba sociale".

Così il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ieri si era espresso sulla vicenda:

"Oggi non solo c'è bisogno che l'Ilva torni a essere pubblica ma, in queste settimane, bisogna scongiurare che ci sia un blocco totale delle attività. Se l'acciaio è un'attività strategica per un Paese industriale penso che lo Stato non solo debba essere dentro ma deve dare linee di interesse, tanto più se mettiamo a disposizione soldi pubblici, questo significa fare politica industriale che in questo Paese non si fa da 25/30 anni".

Infine, questo è stato il commento di Francesco Briganti, Fiom Taranto:

"Una grande giornata di mobilitazione quella di oggi (29 gennaio), che riguarda l'appalto, che parla a tutta la città, al territorio, e rivendica la questione ambientale, occupazionale e di rilancio industriale di questo stabilimento. Sono ore, giorni e settimane cruciali, per questo chiediamo al governo un intervento immediato: il rilancio produttivo dello stabilimento di Taranto è indispensabile per salvaguardare l'ambiente, il lavoro e la salute di questo territorio.I lavoratori in piazza oggi sono fondamentali non solo per la salvaguardia degli impianti, ma anche per la sicurezza e per la situazione ambientale. Svolgono attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, quelle stesse attività che – abbiamo spesso denunciato in questi anni – sono mancate o non sono state programmate, portando questo stabilimento al minimo storico della produzione – siamo al di sotto dei tre milioni di tonnellate per quanto riguarda il 2023 e a oggi c'è un rischio concreto rispetto alla fermata degli impianti.La fermata degli impianti sarebbe un disastro da tutti i punti di vista, sociale, occupazionale e ambientale per questo territorio. Per questo oggi, 29 gennaio, abbiamo organizzato una manifestazione che percorre tutto il perimetro della ex-Ilva. Siamo in corteo dalle 7:30 di questa mattina. Una forma di catena umana per dire che non siamo più disponibili a sopportare la mancanza di risposte dei governi, di tutti i governi. È essenziale intervenire nell'immediato attraverso un rilancio pubblico dello stabilimento per garantire una transizione ecologica e sociale del polo dell'ex-Ilva. Noi, come Fiom e come Cgil, abbiamo lanciato da tempo una sfida: occorre fare tutte le attività di bonifica necessarie per rilanciare la siderurgia e per evitare la contrapposizione di due diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione, il diritto alla salute e il diritto al lavoro. Entrambi questi diritti possono camminare insieme".


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