Non è insensato supporre che le “amichevoli e colorite” frizioni di questi giorni tra Forza Italia e Lega poco o nulla avessero a che vedere con la riduzione del canone RAI da 90 a 70 euro.
Innanzitutto perché lo sconto di 20 euro nel 2025 di certo non sarebbe risultato salvifico per milioni di italiani aiutandoli ad arrivare più facilmente a fine mese con i loro salari e le loro pensioni.
Poi, perché anche come spot propagandistico lo sconto di 20 euro avrebbe avuto scarso appeal sugli elettori,
Ma allora perché mai i due vicepremier, Tajani e Salvini, hanno deciso di dar vita a quella grossolana baruffa che avrebbe potuto avere imprevedibili conseguenze sulla magnificata “coesione” del governo Meloni ?
Probabilmente il tutto è nato dopo la avvenuta conferma di Raffaele Fitto a Vicepresidente esecutivo della Commissione europea.
Già, perché con Fitto a Bruxelles la signora Meloni dovrà decidere a chi affidare il Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione ed il PNRR.
E non è detto che la premier non ne approfitti per scomporre e ricomporre in due ministeri le deleghe fino ad ieri di Fitto (ndr: probabilmente anche questo è stato tema di confronto durante il pranzo di lavoro al Quirinale con il presidente Mattarella).
Quindi, il prevedibile rimpasto che ne deriverebbe potrebbe aver messi in fibrillazione Tajani e Salvini che, con le schermaglie sul canone RAI, avrebbero voluto anticipare solo un messaggio forte e chiaro alla premier.
Inoltre, dando un'occhiata alle consultazioni elettorali di questi mesi, europee e regionali, si rileva un generalizzato crollo dei consensi per la Lega, ed al tempo stesso la conferma di un consolidamento e/o miglioramento, anche se solo in percentuale, per Forza Italia.
Il variare del quadro elettorale ha di certo ringalluzzito Tajani che, considerandosi oramai seconda forza del governo, intenderebbe rivendicare un maggiore e più qualificante peso di Forza Italia nell’Esecutivo.
Infine, il fatto che a Bruxelles sia Fratelli d’Italia che Forza Italia abbiano votato a favore della presidenza Ursula von der Leyen, mentre la Lega abbia espresso voto contrario, costituirebbe un ulteriore distinguo di cui Meloni potrebbe tener conto nello scegliere i nuovi ministri privilegiando così i candidati che diano garanzia del loro reale europeismo (ndr: la qual cosa sicuramente sarebbe apprezzata dal Quirinale).
Quando, tra qualche settimana (ndr: presumibilmente dopo Natale), la signora Meloni si siederà al tavolo con i suoi alleati, per sciogliere i non facili nodi che le si prospettano, non potrà non riflettere su questo complesso ed articolato scenario politico.
La premier, quindi, dovrà fare ricorso a tutto il suo buon senso per non compromettere la stabilità del governo e dimostrare rare doti di equilibrismo per riuscire ad imporsi ai due galli che, gettate le maschere del fair play, per assicurarsi più poltrone nell'Esecutivo si azzufferanno senza esclusione di colpi.