"Sull'ex Ilva c'è l'urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni".
"Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al senso di responsabilità". "Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti". "Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri"."Sull'ex Ilva intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio. Ci impegniamo a ricostruire l'ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa". "L'impianto è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l'obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest'anno risalire a 5 milioni"."Arcelor Mittal si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l'intero onere finanziario sullo Stato ma, nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d'Italia di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato". "Abbiamo quindi dato mandato ad Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione".

Queste alcune delle dichiarazioni rilasciate dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso di una informativa al Senato sull'ennesima emergenza che riguarda l'ex Ilva che, a quanto pare, sarebbe comunque complicata anche nel caso in cui ritorni ad essere a maggioranza pubblica-

Naturalmente, Urso non ha dimenticato di indicare chi sia il colpevole:

"Di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel Marzo 2020 il Governo Conte 2, ministro Patuanelli, avvia una nuova trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nascerà Acciaierie d'Italia con l'ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che definire leonini è un eufemismo"."Nessuno che abbia cura dell'interesse nazionale avrebbe mai sottoscritto quel tipo di accordo. Nessuno che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe accettato mai quelle condizioni. La governance era di fatto rimasta nelle mani del socio privato che nel frattempo però deconsolidava l'asset, a dimostrazione del proprio disimpegno, richiamando anche i propri tecnici e non immettendo più alcuna risorsa nell'azienda".

Una tesi ampiamente sostenuta anche dal senatore Calenda, che si è però dimenticato di ricordare di esser stato lui a dare le chiavi dell'Ilva ad Arcelor Mittal, quando tutti sapevano che avrebbe fatto ciò che aveva fatto in altre nazioni: acquistare un'acciaieria concorrente... per chiuderla come, indirettamente confermato anche dallo stesso ministro Urso:

"In questi anni la produzione è stata progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti. E perfino negli anni in cui la produzione era profittevole in Europa la produzione è stata mantenuta bassa, lasciando campo libero ad altri attori stranieri".

E nel caso l'acciaieria torni allo Stato, come rilanciarla? Il ministro lo ha spiegato così:

"Il governo vuole invertire rotta cambiando equipaggio e delineando un piano siderurgico nazionale sulla base di quattro poli: Taranto, Piombino, Terni e le grandi acciaierie green del Nord Italia. Quello di Taranto è il più grande polo siderurgico d'Europa, può essere il più grande polo siderurgico green più avanzato del nostro continente".

Dichiarazioni simili sono state fatte anche in passato, e vediamo dove siamo adesso. Come è finita la vicenda Alitalia - uno dei tavoli di crisi che aveva accompagnato in passato la vicenda dell'Ilva - lo abbiamo visto. Quindi, non c'è da essere ottimisti neppure in questo caso