Il governo italiano ha chiesto una proroga per la trasmissione delle informazioni richieste dalla Corte Penale Internazionale (CPI) sul caso del generale libico Osama Njeem Almasri. Il termine iniziale per la consegna della documentazione era fissato per il 17 marzo, ma l'esecutivo ha giustificato la richiesta con la necessità di attendere gli sviluppi delle indagini in corso presso il Tribunale dei ministri.
Il Tribunale dei ministri ha aperto un'inchiesta su diverse figure chiave del governo italiano, tra cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. L'indagine è stata avviata in seguito a un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, il quale ipotizza che i suddetti esponenti del governo possano essere coinvolti nei reati di favoreggiamento e peculato.
Nel frattempo, la Camera preliminare della Corte Penale Internazionale ha avviato una procedura di accertamento formale nei confronti dell'Italia. Secondo la CPI, l'Italia sarebbe da considerarsi "inadempiente" per non aver consegnato Almasri, nonostante il mandato d'arresto emesso dalla Corte dell'Aja.
Osama Njeem Almasri, comandante della prigione libica di Mitiga, era stato arrestato il 19 gennaio mentre soggiornava in un albergo di Torino, dopo aver assistito alla partita Juventus-Milan. La sua cattura è avvenuta appena un giorno dopo l'emissione del mandato d'arresto da parte della CPI, che lo accusa di crimini di guerra e crimini contro l'umanità.
Dopo due notti trascorse in carcere, il 21 gennaio la Corte d'Appello di Roma ha deciso di non convalidare l'arresto, motivando la decisione con la mancata informazione preventiva al ministro della Giustizia, come richiesto dalle procedure per i rapporti con la CPI. Nello stesso giorno, Almasri è stato rimpatriato in Libia con un volo speciale dei servizi segreti italiani.
Ma le giustificazioni fornite dall'Italia, non hanno trovato riscontro con quanto comunicato dalla CPI al ministro Nordio, la cui inazione ha portato alla scarcerazione di Almasri, immediatamente trasferito in Libia dai servizi segreti con un volo di Stato appositamente allestito dal ministro Piantedosi. La gestione del caso Almasri ha sollevato dubbi sulla trasparenza delle procedure seguite dal governo italiano e sulle possibili violazioni degli obblighi internazionali. La richiesta di proroga da parte dell'Italia rappresenta un ulteriore elemento di tensione nei rapporti con la CPI, che ora ha messo al microscopio il comportamento avuto dal governo Meloni in questa vicenda.
"La richiesta del governo di prorogare l'invio delle informazioni alla Corte penale internazionale sul caso Almasri - ha dichiarato il verde Angelo Bonelli - è un atto gravissimo che conferma, ancora una volta, l'atteggiamento ostile dell'esecutivo verso la giustizia internazionale e i diritti umani.Il governo, oltre a confermare la volontà di ostacolare il percorso della giustizia internazionale, prende tempo per evitare di rispondere delle proprie responsabilità. È un comportamento gravissimo che dimostra come questa destra utilizzi le istituzioni per difendere sé stessa invece che la legalità e i diritti umani.Da mesi chiediamo a Giorgia Meloni di riferire in Parlamento per chiarire i contorni di questa vicenda, ma la nostra richiesta è rimasta inascoltata. Il governo si comporta come se ci fosse il segreto di Stato, ma il segreto di Stato non è mai stato apposto, esattamente come nel caso dello scandalo Paragon, in cui attivisti, preti e giornalisti sono stati spiati senza alcuna trasparenza.Le responsabilità del governo nell'espulsione di Almasri dall'Italia e il mancato rispetto del diritto internazionale sono evidenti".