Jo Song Gil, l'ambasciatore della Corea del Nord a Roma, lo scorso novembre è scomparso insieme alla moglie dopo aver lasciato la sede dell'ambasciata al numero 26 di viale Esperanto senza preavviso, all'inizio dello scorso novembre. Secondo quanto dichiarato da un parlamentare sudcoreano, Kim Min-ki, informato dal Servizio di intelligence nazionale, l'ex ambasciatore avrebbe chiesto asilo politico. L'Italia ha sempre negato di essere al corrente della vicenda e di aver offerto asilo al diplomatico, di cui si sono perse le tracce.
Quanto sopra riassunto, veniva riportato sulle Agenzie di stampa internazionali ad inizio anno. Di recente la storia è tornata a galla, ma stavolta riferita alla sola figlia dell'ex ambasciatore perché, nel suo caso, sembrerebbe invece che fosse stata rapita a Roma e trasferita poi a Pyongyang.
Tutto ha origine dalle dichiarazioni dell'ex vice ambasciatore della Corea del nord nel Regno Unito, Thae Yong-ho, che ha ribadito quanto già aveva anticipato in una conferenza stampa a Seoul, affermando di aver cercato, nel mese scorso, di verificare le voci che la figlia di Jo Song Gil fosse stata rimpatriata forzatamente in Corea.
Mentre il padre sarebbe riuscito a "disertare", Thae Yong-ho ha avuto conferma che la figlia di Jo Song Gil è stata rimpatriata in Corea ed è sotto il controllo delle autorità nordcoreane.
"Se il fatto fosse accertato – dichiara Antonio Marchesi di Amnesty – si tratterebbe di un fatto gravissimo, tale da sollecitare alcune domande.
Cosa ha fatto l'Italia per tutelare la sicurezza di una persona in oggettivo pericolo, trattandosi della figlia minorenne di un rappresentante diplomatico nel nostro Paese che aveva pubblicamente manifestato l'intenzione di chiedere asilo politico?
Come è stato possibile che agenti dello stato nord-coreano abbiano potuto rapire a Roma e trasferire fuori dall'Italia tale persona?
E cosa sta attualmente facendo l'Italia per ottenere dalla Corea del Nord garanzie sulla sua incolumità?
Ci auguriamo che il governo italiano vorrà chiarire urgentemente questa vicenda che, a prima vista, ricorda per alcune preoccupanti analogie quella di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente del Kazakistan Mukhtar Ablyazov, vittima con la figlia di rimpatrio forzato da Roma nel 2013".
La vicenda Shalabayeva aveva sollevato non poco imbarazzo per l'allora ministro dell'Interno Angelino Alfano. Oggi, quello che si prospetta, sembra essere un caso analogo che, almeno a parole, i 5 Stelle non parrebbero intenzionati ad ignorare, chiedendone fin d'ora conto a Salvini, come dimostra la dichiarazione di Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri in quota Lega:
"La storia di Jo Song-gil e di sua figlia, diciassettenne, rapita dall'intelligence nordcoreana in Italia, se confermata, sarebbe un caso di una gravità inaudita.
Quando avvenne una cosa simile, ovvero il famoso caso Shalabayeva, andai direttamente in Kazakistan per incontrarla e capire cosa fosse accaduto e appurammo responsabilità dirette dell'allora Ministro dell'Interno Alfano.
Ora è tempo di fare chiarezza anche su questo caso di novembre che riguarda l'ex ambasciatore nordcoreano a Roma e sua figlia, una giovane incolpevole che, nonostante dovesse essere tutelata in Italia, rischia di essere persino torturata da uno dei peggiori regimi al mondo.
Ho già attivato la Farnesina per avere tutte le informazioni possibili e lo stesso stiamo facendo all'Interno col Sottosegretario Carlo Sibilia.
Chi ha responsabilità pagherà, statene certi."
Nessuna dichiarazione al moneto dal ministro dell'Interno Matteo Salvini.