Qualche tempo fa, esponenti della maggioranza e alcuni delle opposizioni hanno ironizzato su coloro che denunciavano il fatto che l'Italia avesse continuato a fornire armi ad Israele, nonostante l'attacco in corso a Gaza, affermando che l'Italia non esporta più armi in Israele dal 7 ottobre.

Un'inchiesta di Duccio Facchini realizzata per conto di Altreconomia, ci dimostra invece il contrario, rivelando che il commercio di armi tra Italia e Israele è proseguito anche dopo il 7 ottobre, tanto che solo a dicembre 2023 il fatturato ha superato il milione di euro, con un assortimento sempre più vasto di forniture militari e armi per la difesa personale.

Sono armi che vengono utilizzate dai coloni ebrei, un mix tra predoni e terroristi, in Cisgiordania, dove dal 7 ottobre sono stati uccisi 432 palestinesi, di cui 115 erano bambini.

Ma non mancano neppure le armi pesanti. Sebbene i dati ufficiali riguardino principalmente munizioni e armi di piccolo calibro (destinate quindi all'uso privato), incrociando i dati e considerando il tipo di industria e l'origine di questi profitti, si ipotizza che si tratti di investimenti militari nei settori dell'aeronautica e dell'armamento.

Altreconomia cita il lavoro di Giorgio Beretta, analista di Opal e Rete Pace e Disarmo, dove si afferma che nella categoria merceologica "Aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi", tra ottobre e dicembre 2023, sono stati esportati verso Israele materiali per un valore totale di 14.800.221 euro.

Di questa somma, più della metà, pari a 8.795.408 euro, proviene dalla provincia di Varese dove ha sede Alenia Aermacchi, società del gruppo Leonardo che produce gli aerei addestratori militari M-346 che sono stati scelti dal ministero della difesa israeliano nel febbraio 2012 e successivamente acquistati ed esportati per addestrare i piloti dell'Israeli Air Force (coinvolta nei bombardamenti su Gaza). La classifica delle esportazioni vede Lecco al primo posto, sede della Fiocchi Munizioni, seguita da Brescia (Beretta), Roma al terzo posto e infine Genova.

Tutto questo in violazione della legge 185 del 1990, che impedisce l'invio di armi a Paesi coinvolti in conflitti militari e in violazioni dei diritti umani

Qualche mese fa i ministri Tajani e Crosetto, come il "tuttologo" di Azione, Carlo Calenda, insieme ad altri personaggi di maggioranza e opposizione, rampognavano la segretaria dem Elly Schlein affermando che l'Italia non inviava più armi a Israele dal 7 ottobre:

«Si informi - diceva Tajani -, finché c'è la guerra, non vendiamo armi a Israele. Abbiamo bloccato tutto dal 7 ottobre».