Il conflitto contro Hamas per il governo Netanyahu, sembrava essere (al di là che non sia addirittura stato favorita per esserlo) un'occasione per recuperare consensi nell'opinione pubblica israeliana, ma fin dall'inizio è avvenuto l'esatto contrario.
A seguito dell'attacco del 7 ottobre, la maggior parte della popolazione dello Stato ebraico ha chiesto le dimissioni di "Bibi", avendo fallito in quella che per lui è stato il suo cavallo di battaglia per anni, la sicurezza, tanto da esser stato definito Mister Sicurezza.
La guerra per l'eradicazione di Hamas da Gaza, secondo Netanyahu che ne aveva condiviso il via libera con le opposizioni formando un gabinetto di guerra, avrebbe dovuto essere la leva che lo avrebbe aiutato a risalire la china dei consensi.
Nonostante la straripante propaganda a supporto del sionismo da parte dei media israeliani e occidentali, oltre che l'appoggio incondizionato al conflitto da parte dei leader dell'America del Nord e dell'Europa, la guerra di Israele a Gaza è vista dall'opinione pubblica internazionale per quello che è, un vero e proprio genocidio, messo in atto non tanto per eliminare Hamas quanto per sterminare i civili palestinesi... in modo da far sfollare i sopravvissuti dalla Striscia. Adesso, nel mondo, la figura dell'ebreo vittima della shoah è più che offuscata da quella dell'ebreo prevaricatore e genocida. Non certo un successo d'immagine.
Fino al conflitto attuale, le guerre combattute da Israele, erano state guerre di breve, se non di brevissima, durata. Quella in corso , in base alle dichiarazioni altalenanti di Netanyahu, potrebbe dover durare molti mesi fino alla fine del 2024 e oltre. Il problema, però, è che una guerra costa, sia dal punto di vista umano che da quello economico... due fattori che in Israele sono strettamente legati.
La popolazione ebraica in Israele è di poco oltre i 7 milioni di abitanti. Tra militari di ruolo e riservisti, dal 7 ottobre, lo Stato ebraico ha messo in divisa il 5% della propria popolazione, togliendone così una parte consistente dalle attività di tutti i giorni, sia come produttore che come consumatore. Da allora, periodicamente, la Banca centrale israeliana, tramite il governatore Amir Yaron, lancia allarmi sui conti pubblici e sugli effetti che il conflitto avrà sul Pil, chiedendo al governo di rivedere il bilancio in modo da ridurne le spese. Finora, i suoi appelli sonn rimasti inascoltati.
E nonostante immagini di uomini seminudi spacciati per "terroristi di Hamas, finora Israele non ha dato l'idea di poter eliminare la resistenza armata palestinese da Gaza, mentre ogni giorno che passa aumentano le vittime nel suo esercito, solo oggi sarebbero una quindicina. Ed in funzione di ciò, ancora è da capire - visto che non è stato spiegato - il ritiro da Gaza di 5 brigate composte da riservisti annunciato nelle scorse ore da Netanyahu.
Il breve riassunto precedente è il riassunto del fallimento politico di Netanyahu a cui, in queste ore, si è aggiunto un nuovo tassello tutt'altro che irrilevante.
Oggi, infatti, l'ormai ex presidente della Corte Suprema Esther Hayut, ha letto la sentenza con cui l'Alta corte ha deciso di abrogare la legge sulla limitazione della ragionevolezza approvata dalla Knesset, uno dei cardini, se no il cardine, alla base della riforma giudiziaria voluta da Netanyahu.
La posizione di Netanyahu è divenuta pertanto sempre più traballante e sempre meno sostenibile, quanto il suo governo che sembra arrivato al capolinea... nonostante la guerra.