Se non dovesse accadere nulla di nuovo sotto il cielo delle pensioni, e ormai i tempi sono talmente stretti che possiamo dire con estrema certezza che non accadrà proprio un bel niente, a Capodanno tornerà pienamente in vigore la riforma pensionistica introdotta nel 2011 dall’allora ministra del Lavoro, Elsa Fornero.

Ad onore del vero ricordiamo che durante la campagna elettorale, le forze di centrodestra hanno criticato con fermezza la legge Fornero, proponendo soluzioni alternative che avrebbero dovuto rendere più flessibile l’accesso alla pensione. Queste promesse hanno raccolto un ampio consenso tra i lavoratori, specialmente tra coloro prossimi all’età pensionabile, convinti che la riforma sarebbe stata superata riportando l’asticella dell’età di vecchiaia su valori più accettabili come quelli dei 65 anni.

Ma l’incapacità di questo governo di attuare modifiche concrete al sistema pensionistico rischia ora di alimentare un senso di disillusione tra gli elettori del centrodestra che avevano riposto la loro fiducia nella coalizione di governo.

E così, l’eventuale permanenza della legge Fornero potrebbe trasformarsi in un vero e proprio boomerang elettorale. I lavoratori, che avevano sperato in requisiti pensionistici più accessibili, si troveranno a dover fare i conti con le disposizioni attualmente in vigore: 67 anni di età per la pensione di vecchiaia e almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) per la pensione anticipata. Un ostacolo soprattutto per chi si avvicina alla fine della carriera lavorativa.

Quindi nonostante le critiche, la legge Fornero non solo tiene, ma viene spesso difesa dagli economisti come una misura necessaria per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico italiano, dacchè la popolazione invecchia e la denatalità non garantisce quel sano ricambio generazionale che servirebbe a pagare le pensioni dei lavoratori più anziani. Quindi in un contesto economico caratterizzato da un elevato debito pubblico e da una crescente spesa sociale, l’allentamento dei requisiti pensionistici comporterebbe rischi significativi per l’equilibrio dei conti pubblici. La legge Fornero, pur se impopolare, ha contribuito a contenere la spesa previdenziale, che in Italia rappresenta una delle voci più rilevanti del bilancio dello Stato.

Ma come già detto, il ritorno alla rigidità della Fornero non risponde alle aspettative di quei lavoratori che auspicavano soluzioni più flessibili, alimentando tra i cittadini un sentimento di insoddisfazione e la percezione che anche avendo votato Meloni-Salvini-Taiani, nulla è cambiato rispetto alle politiche del passato.

Pertanto, se il ritorno della legge Fornero dovesse concretizzarsi e perpetuarsi nel corso dell’intera legislatura senza interventi correttivi questo rappresenterebbe un fallimento politico per il centrodestra, e la coalizione potrebbe trovarsi ad affrontare un serio contraccolpo elettorale nelle prossime tornate politiche: la mancata riforma della legge Fornero potrebbe erodere il consenso, soprattutto tra i lavoratori e le fasce più colpite dall’innalzamento dell’età pensionabile.

Molti elettori, infatti, si sentono “traditi” da questa situazione e accusano il governo di non aver agito con sufficiente determinazione per mantenere le promesse fatte, e che alla resa dei conti un partito vale l’altro.