Ieri sera, due criminali si sono sentiti al telefono per discutere delle sorti del Medio Oriente. È l'incipit di una barzelletta? No, è la realtà di questo 2024. I due criminali sono il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, e il premier dello Stato ebraico Benjamin Netanyahu.
Che cosa si sono detti? Netanyahu lo ha riassunto sia in una nota diffusa dal suo ufficio che in un video trasmesso in televisione.
Il premier israeliano ha detto di aver riferito a Trump, in una conversazione molto amichevole, molto calorosa e molto importante, della determinazione del suo governo di voler continuare ad agire contro l'Iran e i suoi alleati ogni volta che questi tenteranno di danneggiare lo Stato ebraico, sottolineando la necessità per Israele di "completare la sua vittoria".
"Siamo impegnati a impedire a Hezbollah di riarmarsi. Questo è un test continuo per Israele, dobbiamo affrontarlo, e lo faremo. Dico a Hezbollah e all'Iran in termini inequivocabili: per impedirvi di farci del male, continueremo ad agire contro di voi per quanto necessario, in ogni arena e in ogni momento".
Netanyahu ha poi dichiarato che i recenti attacchi aerei contro i siti militari siriani sono stati effettuati per garantire che le armi non sarebbero state utilizzate contro Israele in futuro, aggiungendo anche che sono state colpite le rotte di fornitura di armi a Hezbollah.
"Non abbiamo alcun interesse in un conflitto con la Siria. Determineremo la politica di Israele nei confronti della Siria in base alla realtà emergente sul campo. La Siria non è la stessa Siria. Il Libano non è lo stesso Libano, Gaza non è la stessa Gaza e il leader dell'asse – l'Iran – non è lo stesso Iran".
Ma a che cosa mirino i bombardamenti in Siria degli ultimi giorni lo rivela il provvedimento varato oggi con cui il governo ha approva un piano da 11 milioni di dollari per raddoppiare la popolazione delle alture del Golan (anch'esso territorio occupato da Israele che lo ha "rubato" alla Siria nel 1967 e annesso nei propri confini nel 1981, senza che ciò sia stato riconosciuto a livello internazionale, a parte gli Stati Uniti nel 2019), dove vivono circa 50.000 persone, equamente divise tra ebrei e drusi. Secondo quanto affermato dall'ufficio del Primo Ministro, i fondi saranno destinati all'istruzione, alle energie rinnovabili, alla creazione di un villaggio studentesco e a un piano per l'assorbimento di nuovi residenti.
"Rafforzare le alture del Golan significa rafforzare lo Stato di Israele", ha detto Netanyahu. "Continueremo a tenercelo stretto, a farlo prosperare e a sistemarlo".
La sfacciata arroganza con cui Israele ha compiuto indisturbata i suoi crimini è dovuta alla complicità, altrettanto criminale, della comunità internazionale che lo ha permesso, consentendo allo Stato ebraico di far credere all'opinione pubblica che qualsiasi decisione avversa a Israele fosse motivata dall'antisemitismo!
È per questo che il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar questa domenica ha annunciato che Israele chiuderà la sua ambasciata in Irlanda, a causa della "politica estremamente anti-israeliana del governo irlandese".
"Le azioni e la retorica antisemite che l'Irlanda sta adottando contro Israele si basano sulla delegittimazione e demonizzazione dello Stato ebraico e su doppi standard", ha affermato Sa'ar in una dichiarazione. "L'Irlanda ha oltrepassato tutte le linee rosse nei suoi rapporti con Israele".
Il motivo della decisione è dovuto al fatto che l'Irlanda, poco tempo fa, ha deciso si supportare l'accusa di genocidio promnossa dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia.
Il primo ministro irlandese Simon Harris ha definito la decisione di Tel Aviv estremamente deplorevole:
"Respingo categoricamente l'affermazione che l'Irlanda sia anti-Israele", ha scritto Harris su X dopo l'annuncio di Sa'ar. "L'Irlanda è pro-pace, pro-diritti umani e pro-diritto internazionale. L'Irlanda vuole una soluzione a due Stati e che Israele e Palestina vivano in pace e sicurezza. L'Irlanda parlerà sempre a favore dei diritti umani e del diritto internazionale".
Il ministro degli Esteri irlandese Micheal Martin ha affermato che i due Paesi manterranno relazioni diplomatiche e che non è prevista la chiusura dell'ambasciata irlandese in Israele.
Se tutti i Paesi che si definiscono democratici avessero seguito coerentemente le direttive del diritto internazionale umanitario, Israele non avrebbe commesso alcun genocidio a Gaza, non vi sarebbe stato l'attacco di Hamas nel sud di Israele e la soluzione a due Stati sarebbe da temp una realtà.