Il 17 marzo, ricordando la giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera, Sergio Mattarella aveva auspicato che il clima di difficoltà, di incertezza e di sofferenza che stiamo vivendo rendesse ancora più stringente la necessità di unità sostanziale di tutti i cittadini attorno ai valori costituzionali e ai simboli repubblicani.

Detto fatto. Non appena è stato pubblicato il decreto Cura Italia, i leghisti, già pronti sulla linea di partenza in attesa dello starter, hanno iniziato l'opera di propaganda che richiama il famoso "gl'è tutto sbagliato, gl'è tutto da rifare" di bartaliana memoria... anche se Bartali, perlomeno, aveva i titoli per criticare ciclismo e corridori, mentre Salvini e i suoi accoliti, di titoli - escludendo quelli dei giornali - non ne hanno molti.

"Con il decreto #CuraItalia - scriveva il premier Conte su Twitter - diamo una prima importante risposta alle difficoltà economiche degli italiani. Grazie alle forze politiche, comprese le opposizioni, ai governi locali, ai sindacati, alle categorie imprenditoriali e professionali per il prezioso contributo".

Così ha risposto Salvini: "Ora in diretta da una Camera deserta, per le prime reazioni raccolte da imprenditori, lavoratori e sindaci sul Decreto del governo sull'emergenza Coronavirus è un primo passo ma assolutamente non basta. La Lega, su richiesta di tutte le categorie di produttori italiani invoca l'immediata convocazione del Parlamento.Il buonsenso impone che il 2020 sia un #ANNOBIANCOFISCALE. I soldi ci sono, in Italia. Non stiamo chiedendo risorse agli altri Paesi. Serve una moratoria di ALMENO UN ANNO per TUTTI gli adempimenti fiscali e per le cartelle di Equitalia. Solo così ci si potrà curare le ferite e ridare fiducia a imprese e lavoratori."

La logica del rilancio fa intendere che neppure il coronavirus ferma la Lega dal fare propaganda per fini elettorali, in barba a qualsiasi unità sbandierata dal capo dello Stato.

Ma ad essere precisi, anche i presidenti di regione, e non solo quelli leghisti, hanno iniziato a muoversi in ordine sparso proponendo iniziative locali per combattere la pandemia.

Dopo la nomina di consulenti o commissari all'emergenza, da parte di Lombardia e Piemonte, altre regioni - per ora Veneto, Emilia Romagna e Toscana (le ultime due a guida Pd) - hanno a loro volta deciso di mettere in atto proprie iniziative per combattere il contagio come, ad esempio, quella di fare test a tappeto su tutta la popolazione, sull'esempio della Corea del Sud.

Una decisione che impegna risorse non solo finanziarie, ma anche umane, e che rischia di essere fine a se stessa, se non accompagnata da misure "tecnologiche" che consentano di tenere sotto controllo i contagiati e di identificare quanti abbiano avuto contatti con loro. Perché è grazie a queste misure tecnologiche che in Corea del Sud è stato bloccato il contagio. Misure da anti terrorismo che nelle scorse ore anche Israele ha iniziato ad applicare.

E Zaia, Bonaccini e Rossi avrebbero a disposizione una tecnologia del genere per tenere a bada i contagiati? Difficile crederlo. Per questo la loro iniziativa è utile a livello di propaganda, ma inutile o quasi per fermare il contagio... specie dopo che il virus è ormai diffuso ovunque.

Esempi, quelli riportati nell'articolo, che dimostrano già le prime crepe istituzionali nella strategia di contenimento del contagio... e ancora non siamo arrivati neppure a fine marzo, quando il governo annuncerà che l'attuale quarantena continuerà ancora per almeno altri 30 giorni. Ma se le istituzioni già iniziano a "scalpitare"adesso, che cosa faranno dopo gli italiani?