La Cgil non condivide e intende contrastare l'iniziativa della commissaria europea e del Consiglio che hanno deciso un piano di riarmo generalizzato delle singole nazioni europee di 800 miliardi, evitando addirittura un voto del Parlamento europeo. La priorità deve essere lavoro pace diritti. L'Europa, del resto, è nata per questo. Davanti alle sfide inedite e ai nuovi problemi internazionali, è importante non stare a guardare, ma discutere per capire, ascoltarci per unirci e mobilitarci insieme.La disponibilità al dialogo e il contributo che la Cgil vuole offrire ha un obiettivo dichiarato: far assumere da tutti lo stato sociale quale valore fondante dell'Europa per garantire salute, istruzione, benessere, sicurezza, occupazione, libertà senza alcuna discriminazione. Gli 800 miliardi di euro, di cui 650 fuori dal patto di stabilità e presi dai fondi di coesione, sono invece risorse sottratte allo stato sociale e alla creazione di posti di lavoro anche perché circa il 70% di queste risorse saranno impiegate per comprare armi che aumenteranno i profitti delle aziende statunitensi. Inoltre, queste risorse e il piano deciso non serviranno né a costruire un esercito europeo né a definire un sistema di difesa europeo.Sono stati giorni di grande riflessione per me e per tutte le persone della Cgil, anche nei vari confronti e dialoghi all'interno del Sindacato europeo e con tutto il mondo associativo laico e cattolico e della società civile del quale il Sindacato è parte. Questo mondo di cui noi ci sentiamo parte attiva è stato protagonista di tante iniziative e mobilitazioni in questi anni che promuovevano le ragioni della pace in Ucraina come a Gaza e nel resto del mondo, e che rivendicavano un ruolo da protagonista dell'Europa nei processi diplomatici necessari a far cessare il fuoco. Apprendere che l'unica idea di Europa che hanno in mente tutti i governi dell'Unione sia la corsa agli armamenti è un tragico errore e fa male a chi, come noi da sempre in rappresentanza del mondo del lavoro, ha fatto dell'Europeismo un tratto identitario e programmatico.Le sfide e gli avvenimenti di questi anni stanno mettendo in discussione l'esistenza stessa dell'Unione Europea che sta dimostrando tutta la sua impreparazione e debolezza di fronte alle complessità del nostro tempo. L'Unione Europea è nata a seguito della distruzione che hanno lasciato le due terribili guerre mondiali del secolo scorso, come centro di pace e convivenza pacifica tra i popoli e con l'ambizione di liberare il mondo dalle guerre.I ritardi e le fragilità del sistema industriale, incapace di reggere la competizione con le grandi potenze mondiali e di affrontare le sfide della transizione ecologica e di quella digitale, i tagli e le politiche di austerità che hanno causato una precarietà del lavoro e della vita non più accettabile e l'arretramento del sistema di welfare pubblico, sono tutte cause che hanno determinato la debolezza del progetto politico europeo che avevano immaginato i suoi fondatori.Per queste ragioni abbiamo pensato di rispondere alla proposta di mobilitarsi per riaffermare l'importanza dell'Europa come dovere e necessità. L'Unione Europea o è per la pace, i diritti e il lavoro o non è. Non possiamo accettare che un presidente degli Stati Uniti come Donald Trump passi per pacifista mentre cerca di depredare l'Ucraina delle sue risorse e fare di Gaza un resort sulla pelle dei popoli martoriati da morte e distruzione. E rifiutiamo un'idea di Europa che agisce come se la guerra fosse uno strumento giusto di regolazione dei conflitti.Nel momento più difficile per l'Unione, pensiamo sia doveroso intraprendere un'azione da vera comunità politica, economica e democratica di tutti gli Stati membri, che possa definire politiche europee comuni non solo su difesa, ma su economia e fisco, politiche industriali e stato sociale, anche attraverso la creazione di fondi che contrastino i licenziamenti e tutelino e qualifichino i lavoratori e le lavoratrici nei processi di transizione ecologica e digitale. E che sia protagonista nella risoluzione dei conflitti con gli strumenti che da sempre ci contraddistinguono: la cooperazione, il dialogo e l'azione diplomatica.Considero ancora valido l'insegnamento di Enrico Berlinguer: se vuoi la pace costruisci la pace. Come dice Zagrebelsky, dobbiamo scegliere tra un'Europa che preservi le sue ragioni fondative e una che, attraverso la guerra, le dimentichi. Noi intendiamo difendere la prima tra queste, un'idea di Europa alternativa a quella che ci stanno propinando in questi giorni, portandola il 15 marzo a Roma in Piazza del Popolo con la partecipazione della Cgil.So bene che non ci sarà un unico punto di vista in quella piazza ma proprio per questo sento il dovere di portare quello per cui da sempre la Cgil è impegnata e, raccogliendo l'invito della sindaca di Perugia, saremo in piazza anche con le bandiere della pace. Costruire la pace non è un lavoro facile, e il confronto democratico anche aspro ne è parte essenziale.Proprio per questo proponiamo che, nel mese di marzo, si organizzi un grande incontro pubblico che riunisca tutti i soggetti che vogliono progettare un futuro di pace affinché si costruisca una rinnovata cultura europea della pace che abbia una continuità anche rispetto agli appuntamenti di piazza. Per la pace, il lavoro, la libertà solidale e la giustizia sociale.
Questo è quanto ha dichiarato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in una lettera a La Repubblica in cui ha motivato la partecipazione alla manifestazione del 15 marzo a Roma, "Una piazza per l'Europa", iniziativa lanciata da Michele Serra.
Le parole di Landini rappresentano un manifesto critico e appassionato contro un progetto che, fa notare il seguretario della Cgil, devia dalla missione originaria dell'Europa, nata per l'appunto sui valori di pace, diritti e solidarietà. Ecco alcuni punti chiave:
La decisione della commissione europea e del Consiglio Ue per un piano di riarmo da 800 miliardi di euro, senza il coinvolgimento diretto del Parlamento europeo, è una scelta che finirà per sottrarre risorse allo stato sociale. L'accusa è duplice: non solo i fondi vengono impiegati in maniera discutibile, ma circa il 70% di essi verrà destinato all'acquisto di armi, rafforzando interessi esterni e profitti che finiranno oltretutto per favorire azienda americane.
Inoltre, viene meno l'idea originaria dell'Europa come progetto nato dalla necessità di superare le distruzioni delle guerre mondiali, ponendo la pace, il lavoro e i diritti umani al centro dell'agenda politica. Il compito dell'Europa non è perseguire la corsa agli armamenti, ma promuovere il dialogo, la cooperazione e il rispetto reciproco.
Mentre è in atto un modello economico basato su austerità, tagli al welfare e una visione industriale che, di fatto, ha condotto a precarietà e declino della competitività europea, adesso si vuole anche promuovere un aumento della spesa militare ulteriormente abnorme (nel 2024 l'Ue ha speso oltre 320 miliardi in armamenti) che, gioco forza, finirà per sottrarre risorse necessarie per il rilancio di servizi essenziali come sanità, istruzione e tutela del lavoro, elementi che costituiscono la spina dorsale dello stato sociale.
Per questo, l'appello a incontrarsi in piazza, con simboli della pace e del lavoro è un invito concreto alla costruzione di una cultura europea della tolleranza, in grado di opporsi a politiche che alimentano conflitti e disuguaglianze.
Che cosà accadrà? Che la manifestazione sarà un successo, ma inutile. Italia e Europa perseguiranno la politica del riarmo e una volta acquistate le armi, queste cominceranno ad essere sempre più utilizzate, in modo da essere rimpiazzate dalla produzione e dall'acquisto di nuove armi. Quando la distruzione provocata non sarà più localizzata in un solo luogo, ma sarà generalizzata, chi ne è stato responsabile allora inizierà a dire che è necessaria la pace, rinnegando la guerra che aveva promosso e finanziato fino a poco prima... È un circolo vizioso che va avanti da sempre e di cui tutti si ricordano solo dopo milioni di morti e intere nazioni rase al suolo.