"La festa della donna non è solo un giorno di celebrazione, ma un'occasione per riflettere sulle conquiste raggiunte e sugli obiettivi ancora da perseguire.
Grazie al supporto di politiche concrete messe in atto dal nostro Governo, abbiamo promosso l'occupazione femminile, i cui risultati - certificati dai dati Istat - ci rendono particolarmente fieri.Tuttavia, non possiamo fermarci qui. Siamo consapevoli che ci sono ancora sfide da affrontare e continueremo a lavorare con determinazione per garantire alle donne un futuro migliore in cui possano realizzare pienamente il loro potenziale, senza dover scegliere tra vita e lavoro.Un grazie a tutte le donne per come dimostrano, ogni giorno, il loro impegno, la loro determinazione e la loro infinita capacità di fare la differenza nella società".

Chi lo ha detto? IL presidente del Consiglio, GiorgiA Meloni, una che si vergogna a farsi riconoscere come donna. Qualcuno che le sta vicino, le spieghi che certe dichiarazioni, al di là del dissenso politico, finiscono solo per renderla enormemente ridicola, tanto sono enormemente contraddittorie.


Poi possiamo aggiungere altro, come  le dichiarazioni di Ilaria Masinara, ricercatrice responsabile campagne di Amnesty Italia, al manifesto...

Sulle politiche riguardanti le donne si può dare un giudizio generale?Ci sono forse due misure diverse dello scontento. C’è un primo pacchetto che parte dalla legge 194, progressivamente svuotata sul territorio a causa dell’altissima percentuale di personale obiettore di coscienza. Che ad esempio nelle Marche arriva quasi al 70%. Nella medesima direzione va, ad esempio, il “Fondo vita nascente” e la “stanza anti aborto” dell’ospedale Sant’Anna, a Torino, oppure la proposta di legge di iniziativa popolare «Un cuore che batte», sempre a firma Fd’I, ad Ancona, che appunto suggerisce di far ascoltare nelle cosiddette «camere d’ascolto» il cuore del feto alle mamme che decidono di abortire. Sono tutti elementi preoccupanti che vanno a ledere l’autodeterminazione delle donne. E invece il nostro giudizio sulle misure prese per contrastare la violenza di genere è un «Ni»: c’è sicuramente un grande interesse da parte di questo governo, visto che si è riattivata la Commissione anti femminicidio in cui si discuterà anche dell’applicazione della Convenzione di Istanbul ratificata nel 2013. Ci sono alcuni passi avanti soprattutto nell’ottica di protezione e prevenzione. Ma secondo noi manca ancora forte l’accento sulla formazione: creare una reale cultura della prevenzione della violenza significa mettere al centro la donna. E non lo si può fare se non si vede nella donna la persona che può gestire il consenso e che lo deve dare.
Dunque abbiamo la prima donna premier e politiche che sminuiscono la capacità delle donne di autodeterminarsi. Se li mettiamo su due piatti, dove pende la bilancia nell’ottica dell’evoluzione della società?
Un conto è il profilo personale di Meloni e un altro è l’impostazione iconografica delle donne, svuotata però di poteri decisionali, perfino sulla propria vita. Non ci sembra che Meloni metta in campo politiche particolarmente attente ai diritti di tutti e di tutte, donne comprese.