Per Al Jazeera non ci sono dubbi. Shireen Abu Akleh, la giornalista che per conto dell'emittente qatariota stava seguendo un'incursione dell'esercito israeliano nel campo profughi di Jenin è stata uccisa volontariamente con un colpo di arma da fuoco sparatole dall'esercito di Tel Aviv.

Shireen Abu Akleh era  nata a Gerusalemme nel 1971 e si era laureato in giornalismo presso la Yarmouk University in Giordania. Dopo la laurea, era tornata in Palestina per lavorare come giornalista ed era entrata a far parte di Al-Jazeera nel 1977. Era uno dei volti più noti tra i corrispondenti dell'emittente.

"In un palese omicidio, in violazione delle leggi e delle norme internazionali, le forze di occupazione israeliane hanno assassinato a sangue freddo la corrispondente di Al Jazeera in Palestina, Shireen Abu Akleh, prendendola di mira con veri proiettili questa mattina presto, mercoledì 11 maggio 2022, mentre svolgeva il suo dovere di  giornalista, indossando una giacca con su scritto PRESS che la identificava in maniera evidente come giornalista, mentre seguiva l'assalto delle forze di occupazione israeliane al campo profughi di Jenin in Cisgiordania.Al Jazeera condanna questo crimine efferato, che intende solo impedire ai media di svolgere il proprio dovere. Al Jazeera ritiene il governo israeliano e le forze di occupazione responsabili dell'uccisione di Shireen. Invita inoltre la comunità internazionale a condannare e ritenere responsabili le forze di occupazione israeliane per aver preso di mira e ucciso intenzionalmente Shireen.Le autorità israeliane sono anche responsabili di aver preso di mira anche il produttore di Al Jazeera, Ali al-Samudi, che è stato anche lui colpito alla schiena mentre copriva lo stesso evento, ed è attualmente in cura.Al Jazeera porge le sue più sincere condoglianze alla famiglia di Shireen in Palestina e alla sua famiglia allargata in tutto il mondo, e ci impegniamo a perseguire legalmente gli autori, al di là di quanto cercheranno di coprire il loro crimine, e ad assicurarli alla giustizia".

Questo il comunicato ufficiale dell'emittente televisiva Al Jazeera che ci dice due cose: la prima è che non ci sono dubbi sulla responsabilità di quanto accaduto, definito addirittura un omicidio a sangue freddo, la seconda è che anche un altro reporter dell'emittente qatariota che era con lei è stato colpito alla schiena, anche se è rimasto solo ferito e le sue condizioni sono stabili.

Difficile, però, che la morte di Abu Akleh possa esser archiviata senza che ne siano state vagliate accuratamente circostanze e responsabilità. Infatti, la giornalista di Al Jazeera, oltre ad essere cittadina palestinese, aveva anche un passaporto americano, come confermato dall'ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Tom Nides, che oltre a dirsi rattristato per l'accaduto ha aggiunto che sull'accaduto sia svolta un'indagine approfondita.

Da parte palestinese, non ci sono dubbi sulle responsabilità dell'uccisione della giornalista. Il primo ministro Mohammad Shtayyeh ha detto che è stata uccisa "mentre svolgeva il suo dovere di giornalista mentre stava documentando gli orribili crimini commessi dai soldati occupanti contro il nostro popolo".

Il ministero degli Esteri ha accusato Israele di aver sparato "intenzionalmente e deliberatamente" ad Abu Akleh e al suo collega Ali Samoudi.

Secondo la ricostruzione che Samoudi ha rilasciato all'agenzia Wafa, lui e Abu Akleh, insieme ad altri giornalisti, si trovavano nelle scuole dei campi profughi di Jenin, ed indossavano giubbotti che li identificavano chiaramente come giornalisti quando sono stati presi di mira dai soldati israeliani. I soldati sapevano che tutti quelli che si trovavano in quel punto erano giornalisti e che non c'erano uomini armati nella zona o addirittura scontri armati, sottolineando che erano stati presi di mira intenzionalmente.

Israele, da parte sua, ha negato qualsiasi responsabilità, attribuendola a "terroristi" (palestinesi), pubblicando poco dopo l'accaduto un tweet che proverebbe la tesi:

Un portavoce delle forze di difesa israeliane, in una intervista televisiva ha dichiarato: "Non credo che l'abbiamo uccisa. Abbiamo proposto ai palestinesi di aprire una rapida indagine congiunta. Se l'abbiamo uccisa noi, ci assumeremo la responsabilità, ma non sembra essere il caso".

Sulla vicenda ha preso posizione anche il premier Bennett, giustificando l'operato dell'esercito israeliano e negando qualsiasi responsabilità sull'accaduto. Parlando alla Knesset, Bennett ha affermato che le truppe dell'IDF durante un'operazione a Jenin condotta a seguito degli attentati in Israele delle ultime settimane sono stati fatti oggetto di colpi di arma da fuoco "incontrollati e indiscriminati", a cui hanno risposto con spari "mirati e responsabili", "nel modo più accurato possibile".

Anche l'Associated Press ha raccolto la testimonianza di Ali Samoudi, così riassunta: ... ha detto all'Associated Press che facevano parte di un gruppo di sette giornalisti che sono andati a seguire il raid all'inizio di mercoledì. Ha detto che indossavano tutti indumenti protettivi che li contrassegnavano chiaramente come giornalisti, e sono passati dalle truppe israeliane in modo che i soldati sapessero che erano lì.Ha affermato che un primo colpo li ha mancati, poi un secondo lo ha colpito e un terzo ha ucciso Abu Akleh. Ha detto che non c'erano militanti o altri civili nella zona, solo i giornalisti e l'esercito. Ha detto che la dichiarazione dei militari [israeliani] di essere stati presi di mira da militanti [palestinesi] era una "assoluta bugia".Shaza Hanaysheh, un altro giornalista palestinese presente, ha confermato ad Al Jazeera, che non ci sono stati scontri o sparatorie nelle immediate vicinanze. Ha detto che quando sono risuonati gli spari, lei e Abu Akleh sono corsi verso un albero per ripararsi."Ho raggiunto l'albero prima di Shireen. È caduta a terra", ha detto Hanaysheh. "Ogni volta che allungavo la mano verso Shireen, i soldati sparavano contro di noi".

Sempre l'Associated Press ricorda quali siano state in passato le relazioni tra le forze israeliane e i media, in particolare i giornalisti palestinesi:"Un certo numero di giornalisti palestinesi sono stati feriti da proiettili ricoperti di gomma o gas lacrimogeni mentre seguivano manifestazioni in Cisgiordania e Gerusalemme est. Due giornalisti palestinesi sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dalle forze israeliane durante le riprese delle proteste lungo la frontiera di Gaza nel 2018.Nel novembre dello stesso anno, il cameraman di AP, Rashed Rashid, stava seguendo una protesta vicino alla frontiera di Gaza quando è stato colpito alla caviglia sinistra, apparentemente dal fuoco israeliano. Indossava indumenti protettivi che lo identificavano chiaramente come giornalista ed era in piedi con altri giornalisti a circa 600 metri dal confine israeliano quando è stato colpito. I militari non hanno mai ammesso di aver aperto il fuoco.Durante la guerra dello scorso anno tra Israele ei  militanti di Hamas a Gaza, un attacco aereo israeliano ha distrutto a Gaza City l'edificio che ospitava gli uffici dell'Associated Press e di Al Jazeera. I residenti sono stati avvertiti di evacuare e nessuno è rimasto ferito durante l'attacco. Israele ha detto che Hamas stava usando l'edificio come centro di comando, ma non ha mai fornito prove di tale accusa".