Dopo lo scrutinio dei voti, peraltro non ancora del tutto terminato, la vittoria di Netanyahu alle elezioni politiche che si sono svolte in Israele il 2 marzo è forse un po' meno vittoria di quel che si riteneva all'inizio. 

Il Likud, è vero, ha ottenuto il maggior numero di seggi, 36 contro i 33 di Blu Bianco, ma la coalizione di destra di cui fa parte, nel suo complesso, non va oltre i 58 seggi, 3 in meno di quelli necessari per avere la maggioranza alla Knesset.

C'è poi la questione giudiziaria che pesa sulla sua testa come una spada di Damocle, con un processo per corruzione che lo vedrà protagonista a Gerusalemme dal prossimo 17 marzo. In funzione di ciò, essendo stato formalmente incriminato, sono in molti a chiedersi se ci siano o meno i presupposti legali per il presidente Reuven Rivlin per poter affidare a Netanyahu l'incarico di formare il prossimo governo.

Inoltre, queste elezioni hanno di fatto registrato il successo, inaspettato, della Lista araba unita che ha ottenuto voti non solo dagli arabi israeliani, ma anche da una parte degli ebrei israeliani che non hanno trovato una proposta politica valida a sinistra, nel programma dei laburisti.

Come andrà a finire non è possibile dirlo con certezza, perché esistono anche voci di defezione nel partito di Benny Gantz, con alcuni parlamentari che sarebbero sul punto di tornare alle origini accasandosi nuovamente nel Likud. In quel caso la destra avrebbe i numeri per governare... al di là di capire se possa realmente essere Netanyahu il primo ministro.