Salvini, questo mercoledì ha detto che non avrebbe mai pensato di intervenire al Senato per difendersi da un'accusa di sequestro di persona, "ma lo faccio volentieri - ha dichiarato - perché da mesi lavoro per gli interessi degli italiani."

Oggi il Senato è chiamato a votare la relazione della Giunta delle elezioni e delle Immunità Parlamentari sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio, ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, nei confronti del senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell'interno pro tempore, per il quale il Tribunale dei ministri di Catania ha ritenuto ci fossero i presupposti per il suo rinvio a giudizio in merito al Caso Diciotti per il reato di sequestro di persona.

Inutile dire che il Senato voterà per non processare Matteo Salvini che, oltre ai voti del gruppo della Lega, otterrà i voti del centrodestra e quelli più che indispensabili del Movimento 5 Stelle.

I grillini, per evitare problemi al Governo, hanno deciso di coprirsi gli occhi, turarsi il naso e tapparsi le orecchie per sostenere che il sequestro di una nave italiana approdata in un porto italiano e delle persone che erano a bordo non sia da considerarsi un reato, perché trattasi di atto compiuto in funzione di un interesse superiore, rappresentato dalla ragione di Stato.

Quale sia questo "interesse superiore" non è dato saperlo ancora oggi, specialmente perché le giustificazioni riportate anche  in Aula in queste ore da coloro che non vogliono mandare a processo Salvini non riescono a dimostrare che tutte le cautele del caso in relazione all'accoglienza dei migranti della Diciotti non potessero applicarsi anche dopo averli fatto sbarcare.

La questione, pertanto, sintetizzata come segue, diventa di una semplicità disarmante.

Salvini ha commesso un reato per finalità di pura propaganda politica. Prima si è fatto beffe della magistratura per l'accusa di sequestro di persona. Poi, dopo che la neo-leghista avvocato Bongiorno gli ha fatto presente che l'accusa era seria, allora l'eroico ministro dell'Interno è ricorso al leguleio per trovare una scappatoia che gli impedisse di andare a processo.

La scappatoia legale, a dire il vero, non esiste. Esiste solo un gruppo parlamentare, quello dei 5 Stelle, i cui senatori dopo aver chiesto ai propri elettori di farsi eleggere anche perché anticasta, adesso votano in Senato per proteggere un membro della Casta, onde evitargli un processo.

Il Movimento, nato con lo slogan che tutti sono uguali e che, pertanto, tutti hanno gli stessi diritti, adesso sostiene che Salvini - oltretutto un loro avversario politico, a quanto dicono - sia "più uguale" rispetto agli altri italiani e possa approfittare del suo status di parlamentare e ministro per fare il gesto dell'ombrello alla magistratura, evitando di provare la sua innocenza in un processo per un reato, non certo di second'ordine come il sequestro di persona, di cui è stato accusato.

Nel loro programma politico, votato da molti italiani alle elezioni del 4 marzo 2018, i 5 Stelle, al punto 15, indicavano la certezza della pena e, soprattutto, la certezza del processo.

Adesso i 5 Stelle, come facevano una volta i parlamentari berlusconiani, fanno il gesto delle manette incolpando i loro avversari di giustizialismo. Se questa è coerenza...