"Quel che sta accadendo in Sicilia con la crisi idrica e in molte parti del Sud è devastante.Giorgia Meloni dovrebbe fare qualche intervista in meno in televisione per attaccare l'opposizione e i sindacati e venirsene qui in Sicilia, magari anche con delle risposte da dare a cittadine e cittadini.Sulla crisi idrica ad esempio, che sta strangolando da mesi questa regione nel silenzio di Palazzo Chigi.O sul perché il governo abbia tagliato milioni di euro ad opere necessarie, mentre ne sta buttando miliardi per il ponte sullo stretto.E se ne faccia una ragione: resto convinto che l'Italia vada rivoltata come un calzino, soprattutto di fronte a una situazione come quella della crisi idrica".
Così Nicola Fratoianni (AVS) ha commentato da Palermo la crisi idrica che caratterizza da mesi la Sicilia, una delle peggiori crisi degli ultimi anni, conseguenza di una situazione che combina l'emergenza climatica, la cattiva gestione delle risorse idriche e l'inadeguatezza delle infrastrutture. Mentre le temperature continuano a salire e le precipitazioni diminuiscono, le riserve idriche dell'isola si stanno esaurendo, mettendo a rischio non solo l'agricoltura, ma anche la vita quotidiana dei cittadini.
La crisi idrica in Sicilia è il risultato di una combinazione di fattori ambientali e strutturali:
- Siccità e cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, l'isola ha registrato una riduzione significativa delle precipitazioni, accompagnata da estati sempre più calde e secche. Secondo gli esperti, l'aumento delle temperature ha accentuato il fenomeno dell'evaporazione, riducendo ulteriormente la disponibilità di acqua nei bacini idrici.
- Infrastrutture obsolete. La rete idrica siciliana soffre di gravi problemi di manutenzione. Si stima che quasi il 50% dell'acqua distribuita vada perduta a causa di tubature vecchie e danneggiate.
- Gestione inefficiente. La frammentazione nella gestione delle risorse idriche e una burocrazia complessa hanno ritardato interventi fondamentali per migliorare la situazione.
La crisi sta colpendo duramente anche il settore agricolo, una delle colonne portanti dell'economia siciliana. Coltivazioni di agrumi, olive e vigneti, già stressate dal caldo, sono sempre più difficili da irrigare. Le associazioni agricole denunciano perdite economiche significative e il rischio di un calo drastico nella produzione.
Anche i cittadini risentono direttamente della situazione. In molte zone, l'erogazione dell'acqua è stata ridotta, con frequenti interruzioni che costringono le famiglie a razionare l'acqua per uso domestico. In alcune località, l'acqua potabile viene distribuita tramite autobotti... quando le amministrazoini comunali hanno avuto l'accortezza di dotarsene.
Per affrontare l'emergenza, gli esperti propongono di adeguare la rete idrica per ridurre le perdite, attivare la raccolta e il riutilizzo delle acque piovane, promuovere la costruzione di serbatoi e sistemi di raccolta.
Inoltre bisogna implementare e riattivare gli impianti per trasformare l'acqua marina in acqua potabile, una soluzione già adottata in altre regioni mediterranee. Per questo, da Roma sono stati attivati finanziamenti per ripristinare gli impianti di desalinizzazione presenti e da tempo inutilizzati... con un obiettivo fissato al 2025.
La crisi idrica in Sicilia rappresenta anche un campanello d'allarme per l'intero Paese, evidenziando quanto sia urgente un piano strutturale per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico. Senza interventi immediati e incisivi, la situazione rischia di peggiorare, con ripercussioni gravi per l'ambiente, l'economia e la popolazione.
Per comprendere la gravità della situazione, sabato scorso, i sindaci di cinque comuni della provincia di Enna – Troina, Cerami, Gagliano Castelferrato, Nicosia e Sperlinga – hanno occupato, insieme a centinaia di cittadini, il potabilizzatore dell'acqua prelevata dal lago Ancipa, interrompendo l'approvvigionamento idrico verso Caltanissetta e San Cataldo: non volevano che altri potessero usare quella risorsa idrica!
A questo si aggiunge la denuncia del senatore siciliano del Pd Antonio Nicita, vicepresidente del gruppo dem a Palazzo Madama:
"La Regione Sicilia e le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina hanno appena perso 338 milioni di fondi dei piani di sviluppo e coesione, che il Cipess ha definanziato perché non sono state realizzate “obbligazioni giuridicamente vincolanti” nel 2022 e nel 2023, cioè non è stata rispettata la tempistica di realizzazione dei progetti.In tempi di vacche magre, la notizia è sconvolgente in sé, ma lo è ancor di più perché a leggere l'elenco contenuto nella delibera del Cipess, si scopre che tra i progetti definanziati per sempre ce ne sono alcuni che avrebbero migliorato la drammatica situazione della siccità in Sicilia.Stiamo parlando della diga Disueri di Gela (20 milioni persi), della messa in sicurezza dell'invaso di Rosamarina di Caccamo (2 milioni), della sistemazione di vasche e canali delle dighe Olivo, Sciaguana e Villarosa nell'ennese (450 mila euro). Altri ingenti lavori, ormai saltati, avrebbero riguardato la gestione dei rifiuti, l'illuminazione, il rifacimento di strade.È evidente che la destra non sa governare e anche in tempi di vacche magre non fa altro che disperdere, e per sempre, i fondi europei. A questo punto - prosegue Nicita - chiediamo alla maggioranza di centrodestra, al governo del Paese della Regione Siciliana e della città di Palermo come intenda procedere per evitare che i cittadini paghino un prezzo salatissimo per le incapacità e le inadempienze delle loro amministrazioni".
A rendere ancor più paradossale la situazione, va aggiunto che la Lega, con il benestare del Cipess, nella legge di bilancio 2025 ha deciso di dirottare 3 miliardi da destinare al ponte sullo Stretto, togliendoli dalle risorse del Fondo di sviluppo e coesione. Si tratta di risorse destinate al sud che avrebbero potuto essere utilizzate anche per la crisi idrica in Sicilia.