Giovedì la televisione israeliana ha mostrato le immagini di presunti combattenti di Hamas - seminudi, bendati e inginocchiati e con le mani legate dietro la schiena - arresisi all'esercito israeliano nel nord di Gaza.

Il portavoce del governo israeliano (una specie di riproduzione di Claudio Cerasa, direttore de il Foglio), Eylon Levy, ha commentato così le immagini di quegli uomini che, tra altro, sono anche l'ennesima riprova delle innumerevoli violazioni commesse da Israele a Gaza (Art. 3 del Titolo I della Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra):

"Stiamo parlando di individui arrestati a Jabalia e Shejaiya (Gaza City), roccaforti e sedi dei centri di comando di Hamas. ... Stiamo parlando di uomini in età militare che sono stati scoperti in aree che i civili avrebbero dovuto evacuare settimane fa".

Peccato però per lui, comunque oramai più che abituato a elargire menzogne di ogni tipo, quegli uomini catturati in una scuola di Gaza che veniva utilizzata come rifugio, di certo per buona parte, non sono affatto miliziani di Hamas, come dimostrato da Diaa Al-Kahlout, giornalista e corrispondente del notiziario in lingua araba con sede a Londra, Al-Araby Al-Jadeed.

Altre persone, dopo aver visto le immagini che ritraevano dei loro parenti, hanno affermato che costoro non avevano mai avuto legami con Hamas o qualsiasi altro gruppo della resistenza palestinese, come ad esempio ha dichiarato all'agenzia Reuters Hani Almadhoun, americano di origine palestinese residente in Virginia.

E che i combattenti dei movimenti di resistenza palestinese non si siano arresi lo dimostra il fatto che anche oggi quattro soldati israeliani sono tra le vittime dell'invasione di Gaza e che le Brigate Al-Qassam questa sera hanno lanciato centinaia di razzi verso Tel Aviv e il centro di Israele.

Inoltre, sempre quest'oggi, l'ala armata di Hamas ha dichiarato, senza indicarne il numero, che altri prigionieri israeliani catturati il 7 ottobre sono stati uccisi dalle bombe israeliane.

Venerdì, l'ufficio stampa del governo di Gaza ha detto che il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani è di 17.487 palestinesi uccisi, di cui 7.870 bambini e 6.121 donne. Inoltre, sono almeno 7.780 i dispersi, per la maggior parte, quasi certamente, sepolti sotto le macerie. Più di 46.000 il numero dei feriti.

Nonostante la carneficina descritta da questi numeri, i criminali dello Stato ebraico, con la criminale complicità degli Stati Uniti e di gran parte dei Paesi europei, continuano il massacro contro i civili palestinesi.

Nella nota, si fa presente anche che la quantità di aiuti affluiti e che affluiscono nella Striscia è praticamente irrilevante, tale da non poter essere quasi di alcun sostegno alle necessità della popolazione. Inoltre, l'UNRWA è stata invitata a svolgere i propri compiti anche nel nord di Gaza e nella città di Gaza.

La risposta dell'URWA arriva, indirettamente con la diffusione di una lettera inviata al presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite da Philippe Lazzarini per informarlo che la capacità dell'UNRWA di continuare a svolgere il proprio mandato a Gaza è ormai diventata quasi del tutto impossibile.

"Con i bombardamenti costanti, il flusso basso e irregolare di cibo e altre forniture umanitarie fatte affluire nella Striscia rispetto agli immensi bisogni degli sfollati sia nei nostri rifugi (sovraffollati) che fuori, la capacità dell'UNRWA di assistere e proteggere le persone si sta riducendo rapidamente".

Lazzarini ha invitato tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a "intraprendere azioni immediate per attuare un cessate il fuoco umanitario immediato", affermando che "chiedere la fine della decimazione delle vite dei palestinesi a Gaza non significa negare gli abominevoli attacchi del 7 ottobre in Israele".


Per comprendere il vero volto dei sionisti, da far presente che anche questo venerdì, il nono dall'inizio del conflitto, in Cisgiordania e a Gerusalemme est le forze di occupazione dello Stato ebraico hanno aggredito i fedeli musulmani che volevano recarsi nei luoghi di preghiera.