Philippe Lazzarini, direttore dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), ha denunciato l'attacco al campo profughi di al-Mawasi (che qualcuno ha iniziato a chiamare campo di sterminio), nella parte meridionale di Gaza, l'ennesimo in quella che dovrebbe essere una zona sicura per i civili:
"Con l'inizio dell'anno, abbiamo ricevuto segnalazioni di un altro attacco ad al-Mawasi con decine di persone uccise, un altro promemoria che non esiste una zona umanitaria, e tanto meno una zona sicura [a Gaza]. Ogni giorno, senza un cessate il fuoco, porterà una nuova tragedia".
Un portavoce dell'esercito israeliano ha affermato che le IDF hanno rispettato il diritto internazionale nel condurre la guerra a Gaza, adottando "precauzioni praticabili per mitigare i danni ai civili".
Nonostante le precauzioni, si avvicina però a 46mila il numero di palestinesi uccisi dal "morale" esercito dello Stato ebraico a Gaza negli ultimi 15 mesi. Nonostante le precauzioni sono 63 i palestinesi "assassinati" nelle ultime ore nelle tende di fortuna della cosiddetta zona umanitaria di al-Mawasi e nel campo profughi di Jabalia.
10 rakyat Gaza terbunuh dalam serangan udara Israel ke atas perkhemahan rakyat Gaza di Al Mawasi, Khan Younis Jam sekitar Jam 12 Tengah hari tadi waktu Malaysia pic.twitter.com/fAnIa0bt8y
— Irfan_newboys🇲🇾🇵🇸🏳️🏴 (@Marchfoward) January 2, 2025
Non sono molti i rifugiati che vivono in tende degne di tale nome, in cui le condizioni di vita sono durissime, perché le tende sono state installate in luoghi dove non era possibile creare piazzole e vie di scorrimento per la pioggia: così, oltre al freddo, quelli che le occupano devono lottare contro l'acqua. E quelle persone sono fortunate, perché altre abitano in tende fatte con quel che capita, tanto che nel chiamarle tende si va ben oltre l'ottimismo... visto che siamo ai confini della fantasia.
Anche in Palestina piove, anche in Palestina fa freddo. E quelle che persone che devono lottare per sopravvivere continuano ad essere bombardate e ad essere uccise... quelle più fortunate, perché quelle che vengono ferite vengono trasportate nei pochi ospedali rimasti che non hanno più, o quasi più, la capacità di fornire assistenza. Immaginatevi con una gamba in parte amputata, mentre un medico non ha nulla per anestetizzarvi, almeno per non farvi impazzire dal dolore. Immaginatevi...
Di questo inferno nessuno ne parla e nessuno se ne preoccupa. Al limite, se ne parla nel caso in cui l'ebreo di turno inizi a dar di matto nel caso in cui qualcuno denunci le delinquenziali politiche genocidarie dello Stato ebraico e la delinquenziale complicità di coloro che le condividono.
Così chiunque ricordi l'esistenza del diritto internazionale umanitario e l'obbligo delle nazioni perché tale diritto venga rispettato diventa un antisemita, appellativo che in simili circostanze, paradossalmente, diventa non un offesa ma una medaglia al merito.
In queste ore i media italiani definiscono durissime le condizioni di detenzione di Cecilia Sala, chiusa in una prigione di Teheran, perché dorme per terra senza un materasso e perché non le è stato consegnato del materiale che le sarebbe di aiuto. Assolutamente giusto indignarsi per tutto questo.
Quello che stupisce, invece, è il fregarsene se due milioni (2.000.000) di persone vivono da quasi un anno e mezzo in condizioni di detenzione (Gaza è una prigione a cielo aperto) cento volte peggiori, mentre giorno e notte l'esercito di uno Stato che viene definito democratico, cerca di ammazzarle con droni, aerei da caccia, elicotteri, obici, carrarmati, fucili mitragliatori...
E questa follia genocidaria dovrebbe esser considerata dovuta perché a praticarla è uno Stato che si definisce ebraico?