L'aereo di Stato è atterrato dopo la mezzanotte (ora italiana) di questa domenica e intorno alle 5:30 è ripartito alla volta dell'Italia. In pratica, è durato circa cinque ore il viaggio lampo di Giorgia Meloni negli Stati Uniti per incontrare il presidente eletto Donald Trump, nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida.
Nei giorni scorsi, sempre nel suo resort, Trump aveva ricevuto il presidente argentino Javier Milei, il premier ungherese Viktor Orban e il primo ministro canadese Justin Trudeau. A prima vista niente di straordinario... se la visita fosse stata annunciata da Palazzo Chigi.
Normalmente, quando un premier fa un viaggio istituzionale, data e scopi del viaggio vengono comunicati con un certo anticipo. Così non è stato per quest'ultima "scappatella" di Meloni negli USA. Quindi, le domande sorgono spontanee: che diavolo è andata a fare in Florida? Perché non annunciare il viaggio? Oppure... che cosa è accaduto di tanto urgente per renderlo indispensabile e non rinviabile, tanto da non comunicarlo in anticipo?
Finché non sarà spiegato in via ufficiale rimangono solo le congetture e nessuna di tali congetture riesce a fornire una giustificazione plausibile.
Non sapendo che cosa dire e non avendo intenzione di criticare la premier, i media riportano ciò che può far piacere a Palazzo Chigi...
Trump ha definito Meloni "una donna fantastica che ha davvero preso d'assalto l'Europa", sottolineando il rispetto e l'ammirazione verso la leader italiana. L'evento ha incluso anche la proiezione di un documentario sulle presunte irregolarità nelle elezioni presidenziali del 2020, tema caro all'ex presidente. Tra i partecipanti spiccavano figure di primo piano della futura amministrazione Trump, come Marco Rubio designato come prossimo Segretario di Stato, che ha lodato Meloni definendola "una grande alleata e una leader forte".
Non solo. Sempre la stampa ci informa che la visita di Meloni sarebbe da collegare anche alla detenzione in Iran di Cecilia Sala, a sua volta collegata all'arresto in Italia dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini, ricercato dagli Stati Uniti per l'esportazione illegale di componenti elettronici utilizzati in un attacco con droni che ha causato la morte di tre soldati americani in Giordania.
Se così fosse, sarebbe un autogol per Meloni, perché darebbe a Teheran la consapevolezza di poter avere nelle proprie mani uno strumento di leva nei confronti di una nazione come l'Italia che, pur piccola, ha un certo peso almeno in Europa.
Meloni avrà parlato sicuramente di dazi e di Nato, considerando le dichiarazioni in proposito di Trump durante la campagna elettorale. L'Italia, con la sua economia fortemente dipendente dall'export, potrebbe subire un duro colpo da eventuali politiche protezionistiche della nuova amministrazione americana. Un altro nodo cruciale riguarda la spesa militare del nostro Paese, che continua ad essere al di sotto dell'obiettivo NATO del 2% del PIL. Trump ha sempre insistito sulla necessità che i paesi europei aumentino i propri contributi per la difesa, e il tema potrebbe riemergere con forza durante il suo prossimo mandato.
Ma anche in questo caso, l'iniziativa di Meloni finirebbe per essere uno sgarbo istituzionale nei confronti dell'Ue. Meloni, vista la condivisione di una linea politica (post) fascista - su temi come immigrazione, difesa dei confini, sovranità nazionale... - potrebbe infatti volersi creare un rapporto privilegiato con Trump in modo da ottenere per l'Italia vantaggi a discapito degli altri Paesi Ue? Difficile che i leader degli altri 26 membri dell'Unione non si facciano questa domanda. Ed è difficile, se così sarà, pensare che l'Italia potrà esser ben vista (e aiutata) in Europa... con cui dobbiamo sempre e comunque trattare il nostro debito.
Naturalmente, la propaganda (post) fascista esulta per quello che viene spacciato come ennesimo successo di Meloni... ma da qualsiasi parte si voglia analizzare il "colpo di teatro" della premier, c'è poco o nulla da festeggiare e quasi tutto da biasimare.
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