La sora Meloni è virtualmente la figlia di Nando Mericoni, il mitico personaggio inventato da Steno, Fulci e Sordi e interpretato e reso famoso dallo stesso "Albertone" nel film "Un americano a Roma". A differenza del "babbo", però, la Meloni si è evoluta e da borgatara è diventata una dei più fulgidi esempi del generone romano, pur non rinunciando ad esprimersi come "a li vecchi tempi". Le è rimasto anche il pallino dell'America, con l'unica differenza, sempre rispetto al "babbo" che desiderava recarsi "nel Kansas City", che lei negli Stati uniti c'è stata e continua ad andarci... ma con destinazione Washington.

La presunta svolta atlantista meloniana è in realtà una svolta ereditata da Colle Oppio e già da tempo  sdoganata dai fascisti 2.0 del MSI: risale alla metà degli anni '50, a partire dalla segreteria Michelini. L' "anderdogghe de'a Garbatella" non poteva certo rinnegare il passato e ancor meno con i nazifascisti che ora si sono installati alla Casa Bianca.

La presidenta de noantri schiumava rabbia per il fatto che il padrone del mondo non l'avesse convocata nello Studio Ovale prima di Macron e Starmer e si è data da fare per ottenere ciò che riteneva fosse scontato. Ahilei ci è riuscita solo dopo che è scoppiato tutto il "casino" dei dazi.

All'inizio, come suo solito, la sora Meloni non c'ha capito nulla:

"Nun ve dovete da preoccupa'. Li dazi nun so a fine der monno...", aveva avuto il coraggio di dire agli italiani.

Poi, quando Patrizia, Fazzolari e Confindustria sono riusciti a farle capire che invece c'era da preoccuparsi eccome, allora ha iniziato a sudare freddo, mordendosi le mani perché nel frattempo era stata accolta la sua richiesta di convocazione alla Casa Bianca, arrivata contemporaneamente alla dichiarazione di Trump che si era creata la fila di quelli che facevano a gara per andare a fargli visita per "baciargi il culo", con l'intento di chiedergli uno sconto o una moratoria sui dazi.

Con queste premesse Giorgia Meloni, accompagnata dal consigliere diplomatico Fabrizio Saggio, da quello militare Franco Federici e dall'ambasciatrice Mariangela Zappìa, si recherà a Washington e alle 18 incontrerà Trump... per dirgli cosa?

Questo è il problema...

To leave, or not to leave: that is the question:
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles
And by opposing end them. 

Il dubbio amletico la sora Meloni lo ha risolto almeno in relazione al viaggio, visto che a Washington è già arrivata. Su che cosa dirà a Trump... nessuno ancora lo sa. In merito, pertanto, è possibile solo avanzare ipotesi e scommesse.

Di sicuro, dopo l'altolà di Bruxelles, la presidenta de noantri non potrà trattare sui dazi, visto che la competenza spetta all'Europa. E allora che le rimane? Quella di pietire sconticini, favori e attenzioni da parte di Trump... per l'Italia:

"A Donalde, t'assicuro che te compreremo più gasse anche se ce costa 'n botto. Voi che compramo l'armi? Tutte quelle che voi. Voi che mannano a fan c... li cinesi? Ma questo l'avemo già fatto... nun te preoccupa'. C'è artro? Dimme e sarà fatto. Damme però 'n contentino perché lo devo da spaccia' pe' fa' crede che semo culo e camicia e che ho ottenuto quanto l'artri nun sarebbero riusciti ad ottene'. Ah... sì... c'è anche l'arta questione. Ma te sei lavato? Posso da usa' 'na salvietta o due prima?"

In pratica, la sovranista Meloni andrà a Washington a baciare il culo ad un delinquente e a sottostare ai suoi ricatti. Ma non era quella che parlava di dignità, di orgoglio nazionale, ecc.?

Nando Mericoni voleva fa l'americano, però dopo essere rimasto schifato dalla fetta di pane spalmata "all'americana" con burro d'arachidi, mostarda e altro... disse:

"Questo o damo ar gatto! Questo ar sorcio e co' questo ce ammazzamo e cimici".

Giorgia Meloni avrà la dignità di riconoscere e rifiutare ciò che fa schifo e non conviene né all'Italia, né all'Europa? Non credo.