Giorgia Meloni è atterrata negli Stati Uniti con grandi aspettative attorno alla sua visita, una missione diplomatica che ha suscitato un’attesa quasi esagerata. L’incontro con il presidente Donald Trump, fissato per oggi alla Casa Bianca, è stato annunciato come un momento cruciale, con la speranza che da questo bilaterale potessero emergere risoluzioni in grado di segnare un cambiamento significativo. Il programma della visita è già stato delineato: un pranzo nella Cabinet Room, seguito da una discussione nello Studio Ovale. Ma sebbene l’entusiasmo sia comprensibile, è necessario tenere a mente che le aspettative di risultati immediati e miracolosi sono spesso irrealistiche.
Le figure politiche di alto profilo, come quella della presidente del Consiglio, inevitabilmente attirano una grande attenzione. Un incontro alla Casa Bianca con Trump, un evento di grande portata, alimenta la convinzione che possa esserci una svolta nelle politiche economiche o nelle relazioni internazionali. Tuttavia, le dinamiche della politica internazionale sono complesse e non si risolvono con un gesto o una discussione di breve durata. Tali cambiamenti richiedono trattative lunghe, compromessi e accordi che si sviluppano su orizzonti temporali molto più ampi rispetto ad un incontro di appena un’ora.
Il buon senso suggerisce, quindi, che non bisogna aspettarsi sviluppi sorprendenti da questo evento. La politica internazionale è il risultato di una rete intricata di attori e interessi, di mediazioni e compromessi, molti dei quali non possono essere risolti in un solo incontro. Meloni, pur avendo il sostegno dell’Unione Europea – come testimoniato dalla sua recente conversazione con Ursula von der Leyen – non ha la bacchetta magica per alterare radicalmente la direzione delle politiche statunitensi o per risolvere problematiche complesse, come i dazi imposti dagli Stati Uniti. Le soluzioni ai problemi internazionali sono frutto di sforzi coordinati e negoziati su scala globale, non di un singolo incontro.
Quindi bando alle false aspettative, anche perchè gli incontri seppure ad alto livello e carichi di importanza diplomatica, non sono in grado di portare soluzioni immediate a questioni economiche, commerciali e politiche assai complesse. Un bilaterale di un’ora, per quanto importante, non può offrire quelle risposte istantanee che la politica globale richiede. Anche i più potenti leader del mondo non possono operare miracoli in così poco tempo.
Tuttavia, la visita di Meloni negli Stati Uniti è senza dubbio un passo importante per la diplomazia italiana ed europea, un’occasione per cercare di influenzare positivamente la politica statunitense, seppur in un contesto globale molto articolato. Questo incontro potrebbe rappresentare un tentativo di avvicinare Trump a una visione più equilibrata, ma bisogna evitare di cadere nell’illusione che si possa risolvere in un colpo solo la complessità delle questioni internazionali.
Per rispondere alle critiche della sinistra italiana, che accusa Meloni di intraprendere un’iniziativa “slegata” dall’Europa, le autorità europee hanno confermato che la visita è stata coordinata con Bruxelles. Martedì sera, infatti, la presidente von der Leyen ha avuto una conversazione telefonica con la premier italiana, ribadendo che qualsiasi contatto con l’amministrazione statunitense è visto positivamente. Questo chiarimento smonta l’idea che Meloni stia agendo contro gli interessi europei o in modo ostile verso l’Unione. Le autorità europee, infatti, hanno sottolineato che i contatti tra Italia e Stati Uniti sono considerati “estremamente positivi”, e la Meloni si è coordinata con la Commissione europea prima della sua visita.
Nel messaggio inviato ieri all’assemblea del Consorzio del Grana Padano, la premier ha ribadito la necessità di agire con lucidità, concretezza e pragmatismo. Il colloquio nello Studio Ovale, fissato per le 12 locali, sarà un momento significativo, ma non sarà un evento risolutivo. Meloni si presenterà accompagnata dall’ambasciatrice italiana a Washington, Mariangela Zappia, dal suo consigliere diplomatico, Fabrizio Saggio, e dal consigliere militare, generale Franco Federici. Nonostante il rapporto positivo tra Meloni e Trump, le incognite legate alla personalità imprevedibile del presidente americano pongono una certa incertezza sul come evolverà l’incontro.
Le preoccupazioni principali per Trump riguardano la Cina, e uno degli argomenti che potrebbe emergere durante il colloquio è la proposta di ridurre i dazi per chi aiuterà gli Stati Uniti a isolare Pechino. Sebbene questo tema non riguardi direttamente l’Italia, l’Unione Europea potrebbe essere coinvolta, con Trump che potrebbe chiedere misure per limitare il passaggio delle merci cinesi in Europa. Meloni, dal canto suo, potrebbe rispondere sottolineando l’importanza di una maggiore presenza americana nell’area balcanica e nel “Mediterraneo allargato”, dove Russia, Cina e Turchia stanno guadagnando terreno a spese dell’Europa e degli Stati Uniti.
Inoltre, il confronto sulla NATO e sulla spesa per la difesa sarà un altro tema cruciale. Gli Stati Uniti intendono proporre di portare la spesa per la difesa al 3,5% del PIL, e l’Italia, seppur con difficoltà, ha già dato segnali di disponibilità. Anche se trovare un accordo su alcuni temi, come i dazi e il commercio, non sarà facile, l’obiettivo di Meloni e von der Leyen è arrivare a un regime di “zero dazi” reciproci tra Stati Uniti e Unione Europea. Tuttavia, i negoziati potrebbero rivelarsi complessi e l’esito potrebbe non essere immediatamente positivo.
Insomma, il viaggio di Meloni negli Stati Uniti rappresenta un momento rilevante per la diplomazia italiana ed europea, ma è fondamentale evitare facili illusioni e rendersi conto che la politica internazionale richiede tempo, negoziati e, soprattutto, pragmatismo. Pretendere miracoli da Giorgia Meloni è tanto irrealistico quanto impensabile, visto che neppure i Santi li operano più.