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Per questo soggetto scaturirà un altro tipo di polemica, sulla libertà vigilata. Nato a Genova da famiglia meridionale, era una testa calda fin da piccolo, anche, a suo dire, per reazione alla brutalità del patrigno, verso cui maturò le prime pulsioni omicide. In adolescenza, nel quartiere popolare di Bolzaneto (allora ghetto per immigrati del sud), trovava un certo conforto come reuccio da discoteca, ma rimaneva comunque famigerato per l'attitudine alla violenza e reati di vario tipo, soprattutto furti. Si sposò giovanissimo e sembrò potersi raddrizzare, ma l'aborto spontaneo della ragazza, una tossicodipendente che presto morirà, gli diede il colpo di grazia. Lui ha sempre sostenuto che, osservando l'emorragia della moglie, rimase sconvolto e traumatizzato; e al tempo stesso, che aveva sempre desiderato un figlio. Una prostituta da lui aggredita sostiene di essersi salvata quando, mentre lui la picchiava, gli disse di essere incinta. Ma ci frenano dal commuoverci quelli che raccontano di come, dopo un altro trauma, la morte in incidente di un fratello, Maurizio si dilettava a frequentare l'obitorio, godendo alla disperazione dei parenti di giovani deceduti.

Minghella uccise, intorno al 1978, due prostitute, una commessa  e la sua amica, e una ragazzina di quindici anni ( quest'ultima, per la cronaca, addirittura garrotata a un albero). Catturato, fruì dei benefici di legge e uscì nel 1997 in semilibertà. Mise su famiglia, o meglio, ha avuto un figlio da una donna che sostiene di aver più subito che voluto la situazione, ma lo descrive gentile, un caffè e un fiore a letto la mattina, dr. Jekyll e Mr. Hide evidentemente: in quattro anni riuscì a far fuori diverse prostitute a Torino, dove al tempo si trovava; altre ne assalì, violentò, derubò. Le moderne tecniche del DNA però lo inchioderanno. La sua condanna ricorda quelle americane, avendo messo insieme circa 130 anni di carcere.

Perché la polemica? Minghella riprese con gli omicidi, durante la semilibertà, a partire da un giorno in cui disse, ai responsabili della cooperativa dove prestava servizio, che si sentiva male e non sarebbe andato a lavorare. In questi casi il detenuto dovrebbe rientrare in carcere, ma nessuno se ne preoccupò. Un'altra prostituta lo aveva segnalato nelle vicinanze della Stazione di Porta Nuova alla Polfer di Torino, che se lo fece scappare. Risulta sconcertante la sua libertà di movimento. Finalmente rimesso dentro, tentò anche un'evasione, per fortuna di breve durata. Affinità col mostro, volendo: una fissazione per il ciclo mestruale, per quanto riguarda i primi delitti. Uccide in vari modi, con una predilezione per lo strangolamento. Esercita alcune tipologie di crudeltà sui cadaveri, ma senza arrivare agli estremi del fiorentino. Agisce da solo.


Donato Bilancia

Donato, classe 1951, è originario della Basilicata, ma genovese d'adozione. Pare che i genitori lo trattassero maluccio. La mamma in particolare, irritata per la sua enuresi notturna, che durò a lungo, esponeva il lenzuolino al balcone per svergognarlo; e lo denudava davanti alle cuginette per mostrare il pistolino. Se vero, un disagio mentale arriva già dalla genitrice. Dunque Donato, che detesta il suo nome e si fa chiamare Walter, diventa un balordo dedito soprattutto al gioco e alla ricerca ossessiva di battone, oltreché ladruncolo, ma va detto che, anche per lui, entra in gioco una tragedia, nel 1987: il suicidio dell'unico fratello, che trascinò con sé nella morte, sotto il treno, il figlio di quattro anni, e il riconoscimento toccò proprio a Donato. Da questo dramma potrebbe derivare la spinta agli inspiegabili omicidi sui treni? Donato/Walter ebbe inoltre  due incidenti stradali, con relativo coma. Ci hanno riferito che, a un  punto particolarmente critico della sua vita, tentò forse una redenzione attraverso il buddismo. Lui invece, durante le confessioni, declamò le sue gesta quasi con vanagloria, anche se è girata voce che non fossero state proprio spontanee. Tra le altre cose, rivelò che molto prima dell'inizio della furia assassina, avviata nel 1997, aveva pensato di uccidere una prostituta, ma lei in extremis era riuscita a mostrargli la foto del proprio bambino, il che lo scosse inducendolo a rinunciare. Se dobbiamo credergli, è stato interpretato non come gesto di pietà, ma in quanto esercizio del potere di vita o di morte, in questo caso la prima, per fortuna dell'interessata.

Il suo curriculum omicidiario è variegato. In genere spara, ma una volta soffoca. Talora accampa un motivo ( truffato al gioco, tradito dagli amici, testimoni scomodi, gli serve denaro), talvolta proprio non ne avrebbe. Fa fuori prostitute, ma anche le donne trovate casualmente in treno ( sul cadavere di una si masturbò) o uomini, e due coppie. In tutto si conteranno diciassette omicidi. Commetterà un duplice errore, non riuscendo ad ammazzare una transessuale con cui si era appartato, e non pagando mai il telepass della famosa Mercedes 190 grigio scura, che verrà poi riconosciuta come quella dell'assassino (ricorreva al trucco di attaccarsi alla macchina che lo precedeva). 

Chi allora viveva in Liguria, ricorda il periodo come angoscioso. Dobbiamo notare, anche in questo caso, qualche particolare sconcertante. Uccise quelle due ragazze nei bagni dei treni a colpi di pistola ravvicinati, ma nessuno notò sangue su di lui? Il Mercedes non era ancora di sua proprietà, lui aveva scordato di regolarizzare il passaggio (analogia con il Lotti?). Il vecchio proprietario, vedendosi arrivare delle multe, si presentò in procura,  e qualcuno finalmente fece i collegamenti del caso, visto che le morti erano già in corso.

Non univoci sono anche i commenti sulla sua situazione patrimoniale. Non si sa cosa raccontasse ai vicini (che lo descrivono educato, gentile, insomma quelle smielature che spesso si ascoltano sui delinquenti), ma ai genitori? Come diceva di mantenersi? Con il gioco? Secondo alcuni vinceva, secondo i più si stava rovinando e per quello avrebbe ucciso e derubato...ma all'inizio. Alcuni omicidi successivi appaiono del tutto immotivati. Non c'è accordo nemmeno sul tipo di persona. A sentirlo parlare, allora, trascinava un genovese da strada, non  brillava in italiano; ma in qualche servizio si è sentito descriverlo come uomo " colto", che "parlava le lingue".

Le parlerà ora. Dicono che in carcere abbia studiato intensamente e sia prossimo alla laurea. 

Affinità con il mostro: oltre all'odio per la madre, anche, si dice, un forte complesso riguardo le sue dimensioni intime. Agiva da solo, non infieriva sui cadaveri. Di recente ha lasciato intendere che la sua vicenda è diversa da quella raccontata e avrebbe dei misteri da svelare, ma chi lo ha esaminato ci assicura che è un mitomane.