Profezia, prossimità e speranza le tre parole rivolte da Papa Francesco ai religiosi, sacerdoti e suore in occasione dell'udienza per i partecipanti al Giubileo della Vita Consacrata, che questa mattina ha avuto nell'aula Paolo VI.

Oltre a testimoniare la realtà di Dio, questo l'invito di Bergoglio ai presenti, è necessario che «nessuno mai vi senta lontani, distaccati, chiusi» invitanto gli altri a far partecipi del proprio carisma «chi con la preghiera, chi con la catechesi, chi con l’insegnamento, chi con la cura dei malati o dei poveri, chi annunciando il Vangelo, chi compiendo le diverse opere di misericordia».

In tal modo «testimoniando Dio e il suo amore misericordioso, con la grazia di Cristo potete infondere speranza in questa nostra umanità segnata da diversi motivi di ansia e di timore e tentata a volte di scoraggiamento. Potete far sentire la forza rinnovatrice delle beatitudini, dell’onestà, della compassione; il valore della bontà, della vita semplice, essenziale, piena di significato. E potete alimentare la speranza anche nella Chiesa».

Ma le parole che più hanno fatto clamore sono state quelle pronunciate a braccio, parole con cui Papa Francesco ha manifestato la sua preoccupazione per la crisi delle vocazioni: «A me costa tanto quando vedo il calo delle vocazioni. Molti monasteri sono portati avanti da suore vecchiette e a me questo mi fa venire una tentazione contro la speranza».

L'auspicio del Papa è che le comunità religiose possano crescere sfruttando vere vocazioni e non esperimenti di «inseminazione artificiale» che spesso in futuro generano dei problemi. Il pericolo di comunità che non crescono e non hanno futuro è quello, ha continuato il Papa, che i loro membri possano attaccarsi ai soldi come salvagente alla propria  vecchiaia. Questo, per Bergoglio, non deve essere il futuro della Chiesa.