Da lunedì il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è di nuovo in Medio Oriente per l'ennesima serie di incontri finalizzati a raggiungere una tregua di molti giorni nel conflitto in atto a Gaza.

Il primo lo ha tenuto ieri in Arabia Saudita con il principe ereditario bin Salman. Oggi, invece, Blinken si è prima recato in Egitto dove al Cairo ha parlato con il presidente Abdel Fattah al-Sisi, per poi volare in Qatar, dove a Doha ha avuto un colloquio con l'emiro Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani. In serata, Blinken sarà in Israele, dove mercoledì incontrerà i principali rappresentanti del gabinetto di guerra, per l'ultimo colloquio in agenda a Ramallah con Abu Mazen.

L'accordo raggiunto più di una settimana fa dai vertici di Mossad, Cia, Egitto e Qatar, che prevedeva il rilascio degli ostaggi detenuti dalla resistenza palestinese a Gaza in cambio di una lunga pausa nei combattimenti, non sembrava esser condiviso, per ragioni diametralmente opposte, dagli estremisti del governo israeliano e dall'ala politica di Hamas, con i primi che vogliono un cessate il fuoco temporaneo, mentre i secondi lo pretendono definitivo. 

Oggi, invece, durante la conferenza stampa seguita ai colloqui in Qatar, il primo ministro Sheikh Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani ha dichiarato che Hamas avrebbe dato un parere sostanzialmente positivo all'ultima proposta di accordo (che include il rilascio degli ostaggi) a cui ora dovranno rispondere Netanyahu e i suoi ministri.


A dispetto delle richieste avanzate dalla Corte Internazionale di Giustizia, Israele continua a Gaza la propria opera di distruzione compatibile, secondo il tribunale dell'Aia, con la volontà di attuare un genocidio nei confronti dei palestinesi. Nella Striscia, gli ospedali continuano a essere bombardati, così come i rifugi e le abitazioni. Oltre alle strutture, a far le spese dei quotidiani e frequenti bombardamenti sono i civili, sfollati, che continuano a essere uccisi anche sulle strade in cui si spostano e che adesso sono letteralmente ammassati a Rafah, nuovo obiettivo dell'attacco di terra dell'esercito di Tel Aviv.

Israele, secondo la CGI, avrebbe dovuto intensificare l'arrivo degli aiuti umanitari a Gaza - dove i sopravvissuti sono alle prese con la fame e la sete -, mentre accade l'esatto contrario, tanto che ieri, dal mare, un colpo di artiglieria ha distrutto il carico di aiuti su un autoarticolato.

Non solo, coloni ed esercito stanno intensificando i loro raid in tutta la Cisgiordania, continuando a distruggere strade, infrastrutture, edifici, e ad arrestare e uccidere i palestinesi.


In questo scenario, oggi è giunto in Israele il neo presidente argentino Milei che ha scelto lo Stato ebraico come destinazione della sua prima visita ufficiale all'estero, celebrandola con l'annuncio di voler spostare la sede della propria ambasciata a Gerusalemme, riconoscendo così la città contesa come capitale dello Stato ebraico. Da chiedersi il perché di tale provocazione (non c'è altro modo di descriverla) in un momento così delicato.

Nel frattempo l'ONU dichiara che deve essere fatto "tutto il possibile" per evitare un attacco israeliano a Rafah, mentre il ministero della Sanità della Striscia rende noto che almeno 107 palestinesi sono stati uccisi dagli attacchi israeliani nelle ultime 24 ore, portando a circa 27.500 il numero delle vittime.


Abdul Malik Al-Houthi, leader del gruppo dei ribelli Houthi che controlla la parte occidentale dello Yemen e l'accesso al Mar Rosso, ha dichiarato di esser pronto a rafforzare gli attacchi se non cesserà la guerra nella Striscia di Gaza. 

"Questa mattina sono stati lanciati attacchi contro navi americane e britanniche e il nostro popolo non esita a farlo quando necessario", ha detto il leader Houthi, aggiungendo che "la cosa divertente è che gli americani stanno attualmente cercando di mascherare le loro navi commerciali, come fanno gli israeliani, usando bandiere di paesi come le Isole Marshal". "Li avverto e dico che devono mettere fine alla loro brutale aggressione contro Gaza e revocare l’assedio al popolo palestinese, che impedisce l’arrivo di medicine e cibo nella Striscia, altrimenti ci sarà un’escalation da parte nostra".