Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato alla Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset che Israele è "più vicino che mai" a raggiungere un accordo con Hamas per la liberazione dei prigionieri detenuti a Gaza. Questa affermazione, fatta a porte chiuse, è stata poi diffusa dai media israeliani, alimentando l'ottimismo sulle possibilità che un'intesa possa essere raggiunta nelle prossime settimane.

Katz ha ribadito che Israele sta lavorando incessantemente per riportare a casa gli ostaggi, una priorità che ha trovato eco anche nelle dichiarazioni del primo ministro Benjamin Netanyahu. Quest'ultimo, dopo un colloquio avuto ieri con il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha sottolineato che la riservatezza è fondamentale per il successo dei negoziati: "Meno ne parliamo, meglio è: in questo modo, con l'aiuto di Dio, ci riusciremo".

Nonostante il cauto ottimismo, i colloqui presentano ancora significative difficoltà. Secondo quanto riportato da Channel 12 e Channel 13, il principale punto di stallo riguarderebbe il numero di ostaggi che Hamas sarebbe disposto a liberare in un accordo parziale, una questione su cui Israele non intende fare concessioni.

L'accordo, non includerebbe una cessazione definitiva delle ostilità, condizione richiesta da Hamas ma considerata inaccettabile per gran parte della coalizione di estrema destra di Netanyahu.

Inoltre, Katz ha sottolineato la "flessibilità" mostrata da Hamas su alcuni aspetti strategici, come la permanenza delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) sul corridoio Filadelfia al confine con l'Egitto e sul corridoio di Neztarim che divide il nord e il sud della Striscia.

Tuttavia, permangono disaccordi significativi su altri punti. Secondo fonti della sicurezza egiziana citate dal quotidiano libanese al-Akhbar, uno degli ostacoli principali riguarderebbe la gestione del valico di frontiera di Rafah, attualmente sotto il controllo israeliano.

Le trattative per un cessate il fuoco, seppure non più da considerarsi in stallo, non fermano però il genocidio a Gaza dove i nazisionisti ebrei continuano a perpetrare i loro crimini con la complice approvazione degli Stati Uniti e degli altri Paesi che degli Stati Uniti accettano di essere servi sciocchi, in primis l'Italia.

In queste ore, in un video pubblicato sui social media, il direttore dell'ospedale Kamal Adwan (nel nord di Gaza), Hossam Abu Safia, ha affermato che intorno alla struttura vi sono cecchini israeliani che hanno sparato direttamente al personale del reparto di terapia intensiva. Abu Safia ha poi fatto sapere che l'esercito ha preso di mira i generatori di corrente dell'ospedale, provocando un'interruzione di corrente. L'ospedale Kamal Adwan è sotto stato d'assedio da parte dell'esercito israeliano da settimane!

Nonostante queste denunce, nonostante quelle delle ong, nonostante i continui appelli di numerose agenzie delle Nazioni Unite, lo Stato ebraico non solo non ferma i propri crimini a Gaza, ma li estende in Cisgiordania, nel sud del Libano e adesso anche in Siria dove continua a bombardare a tappeto non solo siti militari, ma anche centri abitati, che vengono rasi al suolo per vendetta, per pareggiare i conti con gli insediamenti israeliani danneggiati nel nord della Galilea.

Quelle che per altre nazioni verrebbero classificate come violazioni del diritto internazionale, per lo Stato ebraico sono invece atti dovuti, giustificati per garantire la sua sicurezza. Curioso però che tali atti siano costati alla Russia sanzioni di ogni ordine e grado, mentre ad Israele procurino complimenti e congratulazioni!

Quindi, se un delinquente come lo Stato ebraico viene incitato a continuare a delinquere, perché dovrebbe fermarsi?

Infatti, secondo il quotidiano Haaretz che ha citato fonti militari, Israele starebbe preparando un attacco aereo su larga scala che dovrebbe iniziare nei prossimi giorni. Obiettivo? I siti nucleari dell'Iran.



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