Gli studenti cinesi che avevano coronato il sogno di studiare negli Stati Uniti sono adesso disperati. La recente decisione di Washington di iniziare a revocare i visti studenteschi e di sospendere la programmazione di nuovi appuntamenti per poter ottenere dei visti ha investito migliaia di giovani, gettando nel caos le loro vite e i loro piani accademici.
Il segnale è chiaro: l'amministrazione Trump, ancora fedele a una linea dura in tema di immigrazione, intende allargare la sua politica anche nei confronti degli studenti stranieri, trasformando un tema finora considerato apolitico — l'istruzione — in un nuovo fronte di scontro geopolitico.
Secondo un documento firmato dal Segretario di Stato Marco Rubio, tutti gli appuntamenti per i visti devono essere sospesi fino a nuove linee guida sulla verifica dei social media dei richiedenti. Le ambasciate possono proseguire solo con i colloqui già programmati, ma non c'è una data certa per il ripristino delle prenotazioni. Una mossa che ha seminato panico tra gli studenti, costretti a una corsa disperata contro il tempo. Alcuni hanno parlato apertamente di un sistema "ingiusto" e "disastroso".
La stretta arriva proprio nel momento cruciale dell'anno accademico, quando gli studenti dovrebbero partire per cercare un alloggio e ambientarsi prima dell'inizio delle lezioni.
Oltre al dramma personale, c'è un risvolto economico e strategico: secondo il Dipartimento del Commercio, gli studenti provenienti dall'estero, in base agli ultimi dati del 2023, hanno generato oltre 50 miliardi di dollari per l'economia statunitense. Di questi, oltre la metà proviene da India e Cina. Tagliare fuori una parte significativa di queste persone significa danneggiare università, economie locali e — cosa non da poco — la possibilità per gli Stati Uniti di poter sfruttare le loro competenze.
Rush Doshi, ex funzionario dell'amministrazione Biden, non ha usato mezzi termini: "Impedire alle migliori menti straniere di arrivare negli Stati Uniti è un suicidio". Lo capirebbe anche un bambino... ma non Trump!
Il ministero degli Esteri cinese ha reagito duramente, parlando di misure "politicamente discriminatorie" che violano i principi di libertà di parola tanto sbandierati dagli USA. Pechino ha già presentato una protesta formale.
Escludere i migliori cervelli stranieri, in particolare quelli provenienti da paesi come la Cina — che rappresentano una fetta enorme degli studenti STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) negli USA — è un autogol clamoroso. Infatti, parliamo di studenti che pagano il prezzo pieno di una retta (quindi contribuiscono a foraggiare le casse delle università), spesso restano negli Stati Uniti per lavorare in aziende legate ai settori hi-tech, sanità, ricerca o finanza, inoltre alimentano l'innovazione in settori chiave come quelli dell'intelligenza artificiale, dell'ingegneria, della biotecnologia.
Negare loro l'accesso vuol dire, per gli Stati Uniti, regalare talenti all'Europa, al Canada, all'Australia. L'America, che per decenni ha costruito il suo vantaggio competitivo attirando brillanti e giovani menti da tutto il mondo, ora sta letteralmente segando il ramo su cui è seduta.
E questo per gli stati Uniti avrà non solo un prezzo alto in termini economici, ma anche in termini di reputazione e di influenza a livello globale.