Le tre inchieste giornalistiche riportate di seguito (di cui si rimanda per la lettura ai siti che le hanno pubblicate) delineano un quadro allarmante e interconnesso delle dinamiche di oppressione, violazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, in Cisgiordania e a Gaza, da parte dello Stato ebraico di Israele. Dal contesto bellico scatenato a ottobre 2023 emerge un sistema strutturale che coinvolge non solo le operazioni militari israeliane, ma anche il ruolo ambiguo di attori globali nel perpetuare pratiche considerate illegali dal diritto internazionale umanitario.
Il primo articolo evidenzia l'aumento degli arresti arbitrari e delle detenzioni disumane in Cisgiordania, con migliaia di palestinesi privati di libertà e diritti fondamentali. Il secondo approfondisce la brutalità di queste detenzioni, rivelando torture sistematiche contro civili, persino operatori sanitari, nel più assoluto silenzio della comunità internazionale. Il terzo articolo, infine, svela come piattaforme tecnologiche come Meta traggano profitto dalla promozione di insediamenti degli ebrei israeliani in Cisgiordania, cercando di normalizzare un'occupazione riconosciuta da sempre come illegale dal diritto internazionale.
Insieme, questi scenari mostrano un circolo vizioso: la repressione militare si interseca con la violenza istituzionalizzata, mentre l'impunità e gli interessi economici contribuiscono a consolidare un sistema di apartheid e, negli ultimi mesi, di genocidio. Le denunce delle organizzazioni per i diritti umani, sempre ignorate, mettono in luce non solo la crisi umanitaria in atto, ma anche l'urgenza di un'azione globale per contrastare tanto le violenze dirette quanto le complicità indirette che alimentano il conflitto.
‘The way to hell': Palestinian doctors accuse Israeli soldiers of abuse and torture (Fonte: Indipendent)
("La via per l'inferno": medici palestinesi accusano i soldati israeliani di abusi e torture)
www.independent.co.uk/news/world/middle-east/palestine-doctors-israel-torture-gaza-war-b2725438.html
L'articolo denuncia casi di tortura e maltrattamenti sistematici subiti da detenuti palestinesi, inclusi operatori sanitari e medici di Gaza, arrestati dalle forze israeliane durante il conflitto a Gaza iniziato nell'ottobre 2023. Testimonianze raccolte da organizzazioni per i diritti umani e fonti locali riferiscono di percosse, privazione del sonno, minacce, umiliazioni e posizioni stressanti forzate, spesso utilizzate per estorcere "confessioni".
Tra le vittime ci sarebbero anche medici e infermieri accusati ingiustamente di legami con Hamas, nonostante fossero impegnati in ospedali e strutture sanitarie sotto attacco. L'articolo cita il caso di un chirurgo detenuto per 45 giorni senza essere accusato di nulla, sottoposto a torture fisiche e psicologiche.
Organizzazioni come Amnesty International e le Nazioni Unite condannano queste pratiche come violazioni del diritto internazionale e crimini di guerra, sottolineando il sistematico disprezzo per il diritto alla vita e alla dignità dei palestinesi. Israele nega le accuse, definendole "propaganda", e afferma di agire nel rispetto della legge per contrastare minacce terroristiche.
Il Primo Ministro Netanyahu ribadisce la linea della "sicurezza nazionale", mentre critici internazionali chiedono indagini indipendenti. La situazione evidenzia un clima di impunità e l'acuirsi della crisi umanitaria, con migliaia di detenuti in condizioni disumane e senza garanzie di un equo processo... ma nessuno definisce questi palestinesi come ostaggi.
Inside Israel's ‘torture' jails where Palestinians held without charge tell of brutal treatment (Fonte: Indipendent)
(Dentro le carceri di "tortura" di Israele, dove i palestinesi detenuti senza accuse raccontano di trattamenti brutali)
www.independent.co.uk/news/world/middle-east/israel-gaza-palestine-prison-west-bank-palestinians-b2705046.html
L'articolo ci informa che, dall'inizio del conflitto a Gaza nell'ottobre 2023, Israele ha intensificato gli arresti di palestinesi in Cisgiordania, detenendo oltre 3.000 persone, tra cui donne, minori e attivisti. Le operazioni militari includono incursioni violente, spesso accompagnate da distruzione di proprietà e scontri armati che hanno causato decine di vittime palestinesi.
Molti detenuti subiscono condizioni carcerarie estreme: sovraffollamento, privazione di cure mediche, cibo e acqua, oltre a maltrattamenti. Organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International, accusano Israele di violare il diritto internazionale, utilizzando strumenti come la "detenzione amministrativa" (arresti senza accusa o processo).
La repressione in Cisgiordania sembra collegarsi alla guerra a Gaza, alimentando tensioni e sfiducia tra i palestinesi. L'articolo cita testimonianze di familiari di detenuti e attivisti che denunciano un clima di paura e umiliazione sistematica. L'ONU sollecita indagini su possibili abusi, mentre Israele giustifica gli arresti come necessari per la sicurezza.
In sintesi, la situazione riflette un deterioramento generale dei diritti umani nei territori occupati, con critiche verso la risposta sproporzionata di Israele e il silenzio politico della maggioranza della comunità internazionale.
Meta profits as ads promote illegal Israeli settlements in West Bank (Fonte: Indipendent)
(Meta trae profitto mentre le pubblicità promuovono insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania)
www.aljazeera.com/features/2025/3/31/meta-profits-as-ads-promote-illegal-israeli-settlements-in-west-bank
L'articolo di Al Jazeera ha rivelato come Meta (la società madre di Facebook e Instagram) tragga profitto dalla pubblicazione di annunci pubblicitari che promuovono insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania, nonostante tali attività violino le sue stesse politiche e il diritto internazionale. Gli insediamenti sono considerati illegali dalla comunità internazionale perché costruiti in territorio palestinese.
Le indagini rivelano che Meta ha approvato e monetizzato annunci che pubblicizzano case, servizi o attività commerciali in questi insediamenti, spesso rivolti a utenti ebrei o israeliani. Alcuni annunci utilizzano linguaggio discriminatorio, escludendo esplicitamente palestinesi o musulmani dall'acquisto di proprietà, il che configura una forma di segregazione.
Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, accusano Meta di contribuire alla normalizzazione degli insediamenti illegali, facilitando così l'espansione dell'occupazione israeliana. L'articolo cita casi specifici in cui annunci promuovevano aziende collegate agli insediamenti o utilizzavano mappe che cancellavano i confini riconosciuti della Palestina.
Nonostante Meta dichiari di rimuovere i contenuti che incitano alla violenza o alla discriminazione, le politiche vengono applicate in modo incoerente. L'azienda ha risposto alle critiche affermando di aver "risolto gli errori" nei singoli casi segnalati, ma attivisti sottolineano che il problema è sistemico e legato alla mancata regolamentazione delle attività negli insediamenti.
L'articolo conclude evidenziando il paradosso per cui Meta, mentre pubblicizza impegni etici, continua a trarre vantaggio da pratiche che alimentano conflitti e violazioni dei diritti umani, sollevando interrogativi sulla responsabilità delle grandi piattaforme tecnologiche in contesti geopolitici sensibili.
E se poi si riportano tali evidenze all'attenzione dell'opinione pubblica, i pii ebrei delle comunità ebraiche al di fuori di Israele, gli stessi che dicono di non avere nulla a che fare con Israele, ti accusano di essere antisemita. Nell'America di Trump, oltretutto, chiunque denunci tali crimini, se in possesso anche di un permesso di soggiorno, rischia l'arresto.