Questo lunedì, il Corriere della Sera ha proposto ai suoi lettori alcuni estratti di una intervista inedita che apre il nuovo libro di Liliana Segre «Non posso e non voglio tacere. Riflessioni di una donna di pace», edito da Solferino.
Di seguito ne vengono riproposti i vari passaggi, accompagnati da alcune considerazioni.
Il Medio Oriente è senza pace. Che cosa prova di fronte al riaccendersi del conflitto israelo-palestinese e di altri fronti nell’area?
«Uno sconforto che rasenta la disperazione. Vedo due popoli, quello israeliano e quello palestinese, in trappola, incapaci di liberarsi da una sorta di condanna a odiarsi e a combattersi a vicenda. Aggrava la situazione il fatto che entrambi siano guidati dalle componenti peggiori delle rispettive classi dirigenti, tanto che per lungo tempo hanno dato, molto cinicamente, l’impressione di avere bisogno l’una dell’altra per restare in piedi. Trovo mostruoso il fanatismo teocratico e sanguinario di Hamas e delle altre fazioni terroristiche che hanno provocato la nuova guerra. Ma, senza con questo confondere un esecutivo democraticamente eletto con un gruppo terroristico, sento anche una profonda repulsione verso il governo di Benjamin Netanyahu e verso la destra estremista, iper-nazionalista e con componenti fascistoidi e razziste al potere oggi in Israele. È chiaro che, dopo un trauma come quello del 7 ottobre, qualunque governo israeliano avrebbe reagito con durezza. Ma la guerra a Gaza ha avuto connotati di ferocia inaccettabili e non è stata condotta secondo i principi umanitari e di rispetto del diritto internazionale che dovrebbero guidare Israele».
Il fanatismo teocratico e sanguinario di Hamas appartiene forse alle origini del movimento. Nel 2017 Hamas ha pubblicato un nuovo statuto che, curiosamente, nessuno sembra ricordare. Nel nuovo statuto Hamas ha lanciato aperture ad un possibile dialogo con Israele, ma queste sono state sistematicamente ignorate dalla comunità internazionale (inutile parlare di Israele). Non ne siete convinti? Per saperne di più si consiglia la lettura di questo contenuto:
https://pagellapolitica.it/articoli/statuto-hamas-sterminio-infedeli-cancellazione-israele
Sul «Corriere della Sera» del 29 novembre 2024, lei ha parlato di «crimini di guerra e contro l’umanità sia da parte di Hamas e della Jihad sia da parte dell’esercito israeliano», ma ha precisato che, a proposito delle azioni di Israele a Gaza, non è corretto parlare di «genocidio».
«Che la guerra di Gaza sia stata caratterizzata da atrocità e disumanità è sotto gli occhi di tutti. La responsabilità primaria, a mio parere, è dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, ma anche Israele è andato ben oltre i limiti del diritto di difesa, facendo stragi di civili e distruzioni immani. Tuttavia, questo non ha a che vedere con la nozione di genocidio».
Quale sia o meno la "nozione" di genocidio cui si riferisce la Segre non è chiaro. Quello che invece chi fa informazione e politica dovrebbe sapere è che il genocidio è un crimine regolato da una convenzione che, a seguito di quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale, è adottata da tutti i Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite. Tale convenzione ha delle norme la cui possibile violazione è verificata da un tribunale delle Nazioni Unite: la Corte Internazionale di Giustizia (CIG). Se in un processo di verifica, la CIG decide che quanto sta accadendo in un determinato luogo ha i requisiti per essere considerato un possibile genocidio, vedi l'esempio di Gaza, non si può dire che quello non sia un genocidio. La convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948 ha tra i suoi scopi principali quello di "prevenire" un genocidio e non solo di prenderne atto. È evidente che la signora Segre, purtroppo per lei, non lo ha capito o non è in grado di capire tale semplicissima evidenza oltre a quella che il genocidio non riguarda, come vittime, solo gli ebrei.
Una parte dell’opinione pubblica sostiene che l’attacco di Hamas e l’ascesa stessa del movimento nascano in risposta alla condotta di Israele, ad esempio le azioni violente dei coloni, così come allo Stato ebraico è attribuita la responsabilità per le condizioni di miseria e di umiliazione in cui vivono i palestinesi.
«Purtroppo si è creata una grande confusione. Hamas non è il popolo palestinese, non fa gli interessi del popolo palestinese e non si batte per dare ai palestinesi la possibilità di autodeterminarsi in uno Stato. Vuole la distruzione di Israele e lo stesso vale per il regime degli ayatollah iraniani, sciiti, al quale non interessa nulla dei palestinesi, sunniti, ma li strumentalizza al solo scopo di combattere quella che chiama “entità sionista”. Israele ha commesso molti e gravi errori nei confronti dei palestinesi, anche prima del 7 ottobre 2023, ma il ritiro completo di esercito e coloni israeliani da Gaza nel 2005 aveva aperto una possibilità che non andava sprecata. Come invece è accaduto con la cruenta presa del potere da parte di Hamas nel 2006 e la proclamazione della “guerra eterna” contro Israele».
Purtroppo, la signora Segre non conosce la realtà. I movimenti di resistenza palestinese sono costituiti da palestinesi nati a Gaza da famiglie vittime della nakba, cui gli ebrei israeliani hanno rubato proprietà e vite. Voler far credere che siano delle marionette di Teheran è ridicolo. Il concetto che il nemico del mio nemico è mio amico è vecchio come il mondo ed è a questo a cui si deve far riferimento nel descrivere il rapporto tra Hamas e Iran. La signora Segre, per ignoranza o malafede, non ricorda che lo Stato ebraico si fonda sulle attività terroristiche di Irgun prima e Lehi dopo. La signora Segre non ricorda i rapporti tra sionismo e Germania nazista dal 1933 al 1939 (Haarava) e non ricorda la proposta di Stern inviata nel 1941 all'ambasciata tedesca a Beirut dove chiedeva che il Lehi potesse far parte ufficiale dell'esercito nazifascista. Riguardo ciò che è accaduto nel 2006, storici ebrei lo spiegano come un disegno del Likud per creare un nemico che potesse giustificare Israele a non sancire alcun accordo con il popolo palestinese.
Lei ha sempre dichiarato di augurarsi la soluzione «due popoli, due Stati». È ancora possibile?
«Naturalmente ogni nuova fiammata di violenza e di odio rende le cose più difficili, fa crollare la fiducia, affievolisce le speranze di giungere a quella soluzione. Eppure, non esistono altre strade se si vuole liberare israeliani e palestinesi dalla maledizione della guerra che li vede contrapposti da un tempo infinito. Gli ostacoli sono grandi, ma non insormontabili se vi fosse la volontà politica. Nella storia, anche nel Medio Oriente, abbiamo visto svolte repentine che parevano impensabili fino al giorno prima».
La signora Segre dimentica che è lo Stato ebraico di Israele a promuovere la colonizzazione della Cisgiordania e a difenderla con l'esercito. I coloni israeliani sono in realtà terroristi ebrei (definizione di Ronen Bar, direttore dello Shin Bet) che in nome della Torah ritengono di dover occupare e annettere quella terra che loro chiamano Giudea e Samaria, rifiutando altra definizione. È una politica di apartheid che è condannata anche in questo caso da una convenzione di cui Segre sembra ignorare l'esistenza.
Con il conflitto a Gaza l’antisemitismo è riesploso in modo esplicito. Come vive questa situazione?
«L’antisemitismo non era mai morto, ma dormiva nascosto in qualche anfratto delle menti. Ci si vergognava, non lo si lasciava emergere. Adesso non ci si vergogna più. È come se i crimini del governo Netanyahu fossero diventati il pretesto per sdoganarlo. Con questo ovviamente non voglio dire che non si possa criticare, anche duramente, l’esecutivo d’Israele. Ma la condotta del governo non può essere imputata all’intero popolo ebraico, né a tutti gli ebrei che vivono in Israele né a quelli della diaspora, che non sono neppure israeliani».
La signora Segre accusa di antisemitismo (peraltro un termine razzista, perché dovrebbe utilizzarsi anti-ebraismo o anti-giudaismo) chiunque critichi lo Stato di Israele o chiunque chieda conto a chicchessia del perché supporti lo Stato di Israele.