Oggi abbiamo il piacere di intervistare Gregorio Scribano, opinionista e content editor, una figura di riferimento nel panorama dell’informazione online. Editorialista per testate come Fai Informazione, Agoravox e Freeskipper Italia, il Dottor Scribano è anche un social media manager con una solida formazione accademica in informazione tecnologica e comunicazione. Fondatore di portali di giornalismo partecipativo, promuove uno spazio libero per il dibattito e il confronto delle idee. In questa intervista esclusiva, affrontiamo i nodi cruciali dell’attualità italiana.
Buongiorno Gregorio, vorrei iniziare questa intervista chiedendoti un’opinione sulla situazione politica attuale e sulla tenuta del governo Meloni.
Premesso che il peso di un debito pubblico esagerato, che ogni mese cresce in maniera esponenziale battendo ogni record, renderebbe difficile l’azione di qualsiasi governo, va anche detto che la situazione politica attuale è caratterizzata da una sorta di paradosso. Da un lato, il governo Meloni appare stabile, sostenuto da una maggioranza numericamente solida e da una leader determinata e forte. Dall’altro, questa apparente solidità nasconde tensioni interne significative. Frizioni su temi cruciali come la gestione delle risorse europee, le politiche fiscali e le riforme istituzionali, dimostrano che le anime della coalizione – quella sovranista, quella più moderata e quella populista – non sono sempre in sintonia. La forza del governo, al momento, deriva più dalla debolezza dell’opposizione che da una reale coesione interna.
Parliamo proprio dell’opposizione. Come giudichi il suo ruolo in questa fase?
Purtroppo, il ruolo dell’opposizione è poco incisivo. Le forze che la compongono, dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, fino al cosiddetto Terzo Polo, non riescono a coordinarsi su un’agenda comune e non sanno proporre agli italiani una visione della società e del futuro alternativa a quella del centrodestra. Mancano una visione condivisa ed una strategia chiara per contrastare il governo. Questa frammentazione rischia di alienare gli elettori, che non vedono in loro un’alternativa credibile. Eppure, in un momento così delicato, l’Italia avrebbe bisogno di un’opposizione forte, capace di proporre soluzioni concrete ai problemi che il Paese affronta.
Tra questi problemi, uno dei più gravi riguarda le retribuzioni. I salari italiani sono tra i più bassi in Europa. Qual è la tua analisi?
Questo è uno dei fallimenti più evidenti del nostro sistema economico. I salari italiani sono fermi da decenni, mentre il costo della vita aumenta inesorabilmente. Questo fenomeno è legato alla bassa produttività delle nostre imprese, ad una fiscalità che penalizza il lavoro dipendente e ad una contrattazione collettiva che, in molti casi, non riesce a garantire aumenti adeguati. Serve un intervento deciso: incentivi per le imprese che investono in innovazione e formazione, una consistente riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori e una revisione dei contratti nazionali per adattarli meglio alle esigenze attuali.
Passiamo alla questione delle pensioni. In molti chiedono una riforma che abbassi l’età pensionabile e aumenti gli assegni. È un’ipotesi sostenibile?
È un tema delicatissimo. L’età pensionabile in Italia è tra le più alte d’Europa e non tiene conto delle condizioni fisiche e psicologiche di molti lavoratori. Abbassarla sarebbe sacrosanto, ma bisogna fare i conti con la sostenibilità del sistema previdenziale. Allo stesso tempo, gli assegni pensionistici attuali sono insufficienti per garantire una vita dignitosa. Serve una riforma equilibrata, che preveda maggiori contributi da parte di chi ha redditi elevati e una lotta seria all’evasione fiscale. Solo così si possono trovare le risorse per migliorare il sistema previdenziale.
Altro tasto dolente, la sanità pubblica è in crisi: carenza di personale, risorse insufficienti, turni disumani per medici e infermieri. Come uscire da questa emergenza?
La sanità italiana è vittima di anni di tagli indiscriminati e di una politica che ha sottovalutato l’importanza di investire in questo settore. Oggi paghiamo il prezzo di questa miopia. È necessario aumentare il finanziamento pubblico, ma anche riorganizzare il sistema, puntando sulla medicina territoriale per ridurre il sovraccarico degli ospedali. Per quanto riguarda il personale, è essenziale migliorare le condizioni di lavoro e offrire stipendi più competitivi. Non possiamo permetterci di perdere medici e infermieri che, troppo spesso, preferiscono trasferirsi all’estero.
Il trasporto pubblico e il traffico, soprattutto nelle grandi città, sono altri punti critici. Quali soluzioni proponi?
Il trasporto pubblico è uno degli anelli deboli del nostro Paese. Abbiamo un sistema obsoleto, poco affidabile e insufficiente rispetto alle esigenze della popolazione. Occorrono investimenti strutturali per potenziare le reti ferroviarie e metropolitane, soprattutto nel Mezzogiorno, occorre migliorare i servizi nelle aree periferiche e incentivare il passaggio a mezzi di trasporto sostenibili. Inoltre, è fondamentale promuovere una cultura della mobilità integrata, che riduca la dipendenza dall’auto privata e migliori la qualità della vita nelle città.
Infine, una questione che colpisce il ceto medio: la tassazione eccessiva. Come è possibile alleviare la pressione fiscale?
La pressione fiscale è diventata insostenibile per lavoratori dipendenti e pensionati. Il problema è che il sistema fiscale italiano è profondamente iniquo: chi lavora e paga le tasse regolarmente si trova a sostenere il peso maggiore, mentre grandi patrimoni, evasori, elusori e rendite finanziarie contribuiscono molto meno di quanto dovrebbero. Serve una riforma strutturale: ridurre le tasse sul lavoro, introdurre una maggiore progressività fiscale e combattere con decisione l’evasione eliminando il contante e dando la possibilità ai contribuenti di portare in detrazione ogni genere di spesa. Solo così possiamo ridare ossigeno al ceto medio, che è il cuore pulsante della nostra economia.
Gregorio, abbiamo toccato temi complessi e fondamentali per il futuro del nostro Paese. Prima di salutarci, vorrei chiederti una riflessione conclusiva: c’è speranza di invertire la rotta?
La speranza c’è sempre, ma richiede una presa di coscienza collettiva. Il cambiamento non può venire solo dall’alto; deve partire anche dai cittadini, dalle comunità, dai lavoratori. Serve una politica che torni a guardare alle persone, che ascolti i bisogni reali dei cittadini e abbandoni la logica della propaganda e degli slogan. È fondamentale ricostruire un tessuto sociale che metta al centro il lavoro, la dignità, i diritti e la solidarietà. Le sfide sono enormi, ma solo con una visione chiara e una volontà comune, possiamo costruire un’Italia più giusta, più equa e più forte. Insomma, è necessario uscire da quella che ormai è diventata una campagna elettorale permanente.
Grazie, Gregorio. Le tue parole offrono uno spunto prezioso per riflettere e, speriamo, per agire.
Grazie a voi. Il cambiamento richiede uno sforzo collettivo, che coinvolge non solo istituzioni e leader politici, ma anche ciascuno di noi come cittadini attivi e consapevoli. Ogni piccolo gesto, unito a una visione comune, può generare un impatto significativo nella società. Che si tratti di sostenere iniziative locali, promuovere pratiche sostenibili o partecipare al dialogo pubblico, il contributo di tutti è fondamentale per costruire un futuro migliore.