La Rete ha rivoluzionato il modo in cui accediamo alle notizie, permettendoci di ricevere aggiornamenti in tempo reale anche da luoghi spesso irraggiungibili per i giornalisti tradizionali. Grazie a Internet, i cittadini possono condividere video, raccontare eventi e offrire testimonianze dirette, assumendo un ruolo sempre più centrale nell’informazione contemporanea. Tuttavia, questo flusso ininterrotto di contenuti può generare confusione e favorire la diffusione di notizie false. Per comprendere meglio il fenomeno del giornalismo partecipativo e il suo valore come complemento al giornalismo tradizionale, ne discutiamo con Gregorio Scribano, opinionista, esperto di comunicazione, direttore editoriale di LiberalVox e co-fondatore di Freeskipper Italia.
Cos’è il giornalismo partecipativo o detta in inglese il citizen journalism?
Il giornalismo partecipativo è un motore di trasformazione sociale che si sviluppa attraverso la conversazione online tra cittadini. I social media e il citizen journalism, quando utilizzati al meglio, diventano strumenti di democrazia e trasparenza che danno voce a tutti coloro che altrimenti non saprebbero come divulgare e a chi comunicare le proprie opinioni. Questa forma di giornalismo non deve essere vista come una rivoluzione che si oppone al giornalismo mainstream, ma come una sua integrazione, secondo il concetto di “biodiversità informativa”.
Come si può diventare un citizen journalist?
Comunicatori si nasce, giornalisti sociali si diventa. E ci sono molte modalità per diventarlo. Un esempio di base è quando un individuo, trovandosi nei pressi di un evento significativo, utilizza la Rete per diffondere informazioni attraverso i social media, utilizzando strumenti come smartphone e videocamere. Tuttavia, una visione più ampia del citizen journalism comprende anche coloro che creano spazi di informazione alternativi alle testate tradizionali, per affrontare problemi e fatti oppure per esternare opinioni che altrimenti nessuno conoscerebbe mai.
Insomma, non esiste una scuola specifica per il citizen journalism. Personalmente, credo che i tratti fondamentali di un buon citizen journalist siano la curiosità, l’onestà intellettuale, la volontà di confrontarsi con gli altri e un continuo desiderio di apprendimento. Lavorare in contesti come Freeskipper Italia aiuta a sviluppare queste competenze grazie all’interazione con professionisti di diverse discipline.
Cos’è e perché è nato Freeskipper Italia?
Freeskipper Italia è il primo sito italiano di giornalismo partecipativo che offre l’opportunità a tutti i cittadini di esprimere le proprie opinioni e vedersi pubblicati on line i propri articoli. Uno spazio libero e indipendente, alla portata di tutti e aperto a tutti. Una finestra sul mondo dell’informazione per osservare e comprendere meglio il nostro tempo. Un sito web dove poter esprimere le proprie opinioni o più semplicemente commentare le opinioni altrui.
Una voce nel web in grado di amplificare le testimonianze e i punti di vista dei cittadini facendoli uscire dall’anonimato per portarli a conoscenza del mondo intero. La frammentazione linguistica e le differenze politiche e culturali possono ostacolare l’accesso all’informazione, e Freeskipper Italia vuole essere una piattaforma che amplifica le voci di chi, altrimenti, rischierebbe di rimanere inascoltato.
Quanto è importante la partecipazione dei cittadini e in che modo il giornalismo sociale sta cambiando l’informazione?
La partecipazione attiva dei cittadini è fondamentale per rendere l’informazione più democratica e trasparente. Progetti come Freeskipper Italia che operano in uno scambio continuo di opinioni e aggiornamenti, dimostrano l’importanza di questo modello informativo. Tuttavia, esistono ancora difficoltà nel far emergere queste nuove realtà, specialmente in Italia, dove i media tradizionali tendono a monopolizzare l’attenzione.
La partecipazione attiva dei cittadini è fondamentale per rendere l’informazione più democratica, trasparente e accessibile. Il giornalismo sociale ha trasformato il modo in cui le notizie vengono raccolte e diffuse, dando voce a chi, in passato, aveva poche possibilità di far sentire la propria opinione. Grazie ai social media e alle piattaforme digitali, chiunque può documentare eventi in tempo reale, offrendo prospettive alternative a quelle dei media tradizionali.
Questa nuova forma di giornalismo ha ampliato il panorama informativo, rompendo il monopolio delle grandi testate e permettendo una maggiore pluralità di fonti. Tuttavia, comporta anche delle sfide, come la difficoltà nel verificare l’attendibilità delle informazioni e il rischio di diffusione di fake news. Per questo motivo, il giornalismo sociale può essere un prezioso alleato del giornalismo professionale, integrandolo con testimonianze dirette e dando spazio a tematiche spesso trascurate dai media mainstream.
Qual è stata la reazione del giornalismo tradizionale di fronte all’avvento di quello partecipativo?
Il giornalismo tradizionale sta attraversando una crisi profonda, anche a causa della crescita dell’informazione online. Basti pensare al fatto che tutti i quotidiani a tiratura nazionale, hanno, oltre a quello su carta stampata, anche un loro giornale virtuale, su Internet. Questo dimostra come i modelli economici e informativi stiano cambiando radicalmente.
Questo continuo flusso di informazioni dalla rete non mette a rischio la veracità delle notizie?
Sicuramente, il flusso incessante di informazioni online può rappresentare un rischio per la veridicità delle notizie. La facilità con cui contenuti non verificati possono diffondersi, unita alla velocità con cui le informazioni vengono condivise sui social media, aumenta il pericolo di disinformazione e fake news. In alcuni casi, la corsa alla notizia immediata può portare ad errori, manipolazioni o ad una lettura distorta della realtà, influenzando l’opinione pubblica in modo fuorviante.
Tuttavia, la Rete offre anche strumenti utili per contrastare questi problemi. Il fact-checking, il confronto tra diverse fonti e il giornalismo collaborativo possono contribuire a rendere l’informazione più affidabile. Inoltre, la responsabilità individuale gioca un ruolo chiave: è fondamentale che i cittadini sviluppino un senso critico nei confronti delle notizie, verificando le fonti e analizzando i contenuti prima di condividerli. In questo scenario, il giornalismo partecipativo può essere sia una risorsa che una sfida, e il suo impatto dipende da come viene utilizzato e integrato nel panorama dell’informazione globale.
I media tradizionali e i giornalisti professionisti devono temere il giornalismo partecipativo?
Non credo che il giornalismo tradizionale debba temere il citizen journalism, a patto che operi con onestà intellettuale. Nessuna iniziativa di giornalismo sociale punta a sostituire i media tradizionali, bensì ad integrarli. Tuttavia, il giornalismo partecipativo può svolgere un ruolo di controllo e garantire una maggiore diversità informativa, contribuendo a una conversazione globale più ampia e democratica.
Pertanto i media tradizionali e i giornalisti professionisti non dovrebbero temere il giornalismo partecipativo, bensì considerarlo un’opportunità per arricchire e diversificare l’informazione. Il citizen journalism non è in competizione con il giornalismo tradizionale, ma può fungere da complemento, offrendo testimonianze dirette, punti di vista alternativi e copertura di eventi che potrebbero non trovare spazio nei media mainstream.
Piuttosto che temere questa evoluzione, i professionisti dell’informazione dovrebbero valorizzare la sinergia tra giornalismo tradizionale e partecipativo, sfruttando il contributo dei cittadini come una risorsa per migliorare la copertura delle notizie e coinvolgere il pubblico in modo più diretto e interattivo.