Proudhon, che la definiva un furto, condannava la proprietà privata perché il processo di appropriazione privava il lavoratore del valore prodotto,  causando così miseria e ingiustizia. 

Perché parlare di ciò? Perché, indirettamente, ce l'ha ricordato il Papa nell'omelia della Messa per la II Domenica di Pasqua, celebrata domenica nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia:

Gesù risorto appare ai discepoli più volte. Con pazienza consola i loro cuori sfiduciati. Dopo la sua risurrezione, opera così la “risurrezione dei discepoli”. Ed essi, risollevati da Gesù, cambiano vita. Prima, tante parole e tanti esempi del Signore non erano riusciti a trasformarli. Ora, a Pasqua, succede qualcosa di nuovo. E avviene nel segno della misericordia. Gesù li rialza con la misericordia – li rialza con la misericordia – e loro, misericordiati, diventano misericordiosi. È molto difficile essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato.  [...]E tutto nasce da qui, dalla grazia di essere misericordiati. Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo. Così hanno fatto i discepoli: misericordiati, sono diventati misericordiosi. Lo vediamo nella prima Lettura. Gli Atti degli Apostoli raccontano che «nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (4,32). Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro (cfr Mc 10,37; Lc 22,24). Ora condividono tutto, hanno «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Come hanno fatto a cambiare così? Hanno visto nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita. Hanno scoperto di avere in comune la missione, di avere in comune il perdono e il Corpo di Gesù: condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale. Il testo dice poi che «nessuno tra loro era bisognoso» (v. 34). I loro timori si erano dissolti toccando le piaghe del Signore, adesso non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù, nelle piaghe dei bisognosi.Sorella, fratello, vuoi una prova che Dio ha toccato la tua vita? Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri. Oggi è il giorno in cui chiederci: “Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, che tante volte ho ricevuto il suo perdono e la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del Corpo di Gesù, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?”. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono. Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore (cfr Gc 2,17). Fratelli, sorelle, lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia.