Il prossimo è un governo che dovrà partire con delle penalizzazioni ereditate da politiche adottate in precedenza. Queste penalizzazioni possono essere riassunte con una cifra: 18,5 miliardi di euro. Questi sono i soldi che il prossimo governo - a prescindere da chiunque sia a guidarlo e da chiunque ne faccia parte - dovrà trovare nel bilancio 2018 per evitare l’aumento dell’Iva, per correggere i nostri conti pubblici e per far fronte a uscite già impegnate.

Lo ricorda la Cgia di Mestre questo sabato, chiedendosi anche come tale cifra si possa conciliare con le promesse elettorali di coloro che queste elezioni hanno vinto. Ad esempio, flat tax o reddito di cittadinanza non potranno comunque non considerare l'handicap ereditato.

In cosa consiste, nel dettaglio, tale handicap? 12,4 miliardi servono a sterilizzare l’aumento dell’Iva che altrimenti scatterebbe a partire dal 1 gennaio 2019. In quel caso, il costo dei prodotti aumenterebbe non favorendo certo consumi e ripresa economica. Infatti, dal 10 percento, l'Iva salirebbe all’11,5 percento, mentre quella attuale del 22 percento arriverebbe addirittura al 24,2 per cento.

Poi, bisogna aggiungere la manovra correttiva da circa 3,5 miliardi di euro chiesta dall'Europa di cui, visti i tempi, si dovrebbe occupare l'attuale governo dimissionario ed in particolare il ministro dell'Economia in carica, Padoan.

Infine, entro la fine del 2018 bisognerà trovare circa 2 miliardi di euro per il rinnovo del contratto di lavoro degli statali, ulteriori 500 milioni di spese indifferibili e altri 140 milioni per evitare l’aumento delle accise sui carburanti, sempre a partire dal 1 gennaio 2019.

Tutto questo, come fa notare la Cgia, corrisponde a più di un punto di Pil, che verrebbe coperto, ammesso che venga rispettata, con la crescita del prossimo anno. Come sia possibile poi trovare i soldi per dar seguito all'attuazione delle promesse elettorali e fare nuovi investimenti che possano far ripartire l'economia è difficile comprenderlo.