Bari è una città meravigliosa, piena di storia, cultura, tradizioni e... cemento. Sì, perché a Bari si ama il cemento, si venera il cemento, si costruisce il cemento. Il cemento è il simbolo della modernità, del progresso, della ricchezza. Chi ha il cemento ha il potere, chi non ha il cemento non è nessuno.

Bari ha una vocazione cementizia che risale a tempi antichi. Già nel Medioevo, i baresi erano famosi per le loro opere in pietra e calce, come le chiese romaniche, le mura e i castelli. Poi, con l'avvento del Rinascimento, si passò al mattone e al laterizio, per dare un tocco di eleganza e raffinatezza alle facciate. Infine, con il boom edilizio del Novecento, si arrivò al cemento armato, il materiale più versatile e resistente che esista.

Il cemento ha permesso a Bari di espandersi, di crescere, di svilupparsi. Ha permesso di creare nuovi quartieri, nuove infrastrutture, nuovi servizi. Ha permesso di soddisfare le esigenze di una popolazione in aumento, di una classe media in ascesa, di una società in trasformazione. Ha permesso di fare affari, di creare posti di lavoro, di generare reddito. Ha permesso di realizzare il sogno di tanti baresi: avere una casa propria, magari con il balcone, il garage e il giardinetto.

Ma il cemento ha anche un prezzo. Un prezzo che si paga in termini di ambiente, di salute, di qualità della vita. Un prezzo che si paga in termini di consumo di suolo, di inquinamento, di perdita di biodiversità. Un prezzo che si paga in termini di omologazione, di speculazione, di corruzione.

Bari è una città che consuma il suo territorio a un ritmo insostenibile. Secondo Coldiretti, in Puglia si è persa oltre un quarto della terra coltivata per colpa della cementificazione [1]. Bari è una città che produce rifiuti, smog, rumore, senza avere adeguate politiche di gestione e prevenzione. Bari è una città che sacrifica il suo patrimonio storico, artistico, paesaggistico, per far posto a nuove costruzioni anonime e fuori scala.

Bari è una città che assiste impotente alla distruzione di edifici simbolo della sua identità, come l'ex palazzo della Gazzetta del Mezzogiorno, destinato a diventare un condominio di lusso [2]. E sarebbe il secondo dopo il grande scempio perpetrato la notte di ferragosto del 1982 con l’abbattimento del “Palazzo della Gazzetta” di Dioguardi che dominava un tempo con il suo maestoso prospetto liberty la piazza della Stazione di Bari, unanimemente considerato il più grande delitto architettonico compiuto nel capoluogo pugliese. 

Bari è una città che vede sorgere mostri di cemento, come il grattacielo di 120 piani a Japigia, che cambierà per sempre il profilo della città [3]. Bari è una città che perde le sue ville storiche, come quelle di via Amendola, abbattute per fare spazio a nuovi palazzi [4].

Bari è una città che non ha una visione, un progetto, una strategia per il suo futuro. Bari è una città che vive alla giornata, senza un piano regolatore aggiornato, senza una partecipazione attiva dei cittadini, senza una reale volontà di cambiamento. Bari è una città che si affida alle scelte di una classe politica miope, irresponsabile, interessata solo al consenso elettorale e interessata a “nominare” il prossimo candidato Sindaco (5).

Bari è una città che ama il cemento, ma che forse dovrebbe amare di più se stessa.

 

 

(1)  Bari: Cementificazione e abbandono della terra, in Puglia a rischio il 57% della superficie disponibile (bariviva.it)
(2)  Salviamo il paesaggio: ecco cosa possiamo fare per fermare il consumo di suolo (italiachecambia.org)
(3)  https://i0.wp.com/pugliasera.it/wp-content/uploads/2023/08/20230825storicasedegazzettadelmezzogiorno.jpg?w=910&ssl=1
(4)  Consumo di suolo: approvata a Bari una lottizzazione per realizzare un nuovo quartiere. - IlSudEst
(5)  Consumo di suolo, il cemento «mangia» il terreno: Foggia sul podio, Bari è seconda - La Gazzetta del Mezzogiorno