Nonostante qualche timido segnale di miglioramento, il problema delle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) continua a rappresentare una vera e propria emergenza strutturale. Le urgenze vengono generalmente gestite nei tempi previsti, ma le prestazioni non urgenti – che rappresentano la maggioranza delle richieste – subiscono ritardi spesso inaccettabili, in certi casi superiori a un anno.
Il quadro è stato tracciato in modo netto dal procuratore generale della Corte dei Conti, Pio Silvestri, durante la sua requisitoria al Giudizio di parificazione. “È necessario rimettere al centro del 'villaggio salute' il professionista sanitario – medico e infermiere – adeguatamente valorizzato e remunerato, affinché possa essere determinante nei processi decisionali e gestionali”, ha affermato Silvestri. Secondo il procuratore, solo una seria rivalutazione del capitale umano può abbattere il fenomeno vergognoso delle liste d’attesa, garantendo anche una maggiore uniformità delle prestazioni su scala nazionale.
Silvestri ha accolto positivamente l’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni per affrontare il nodo delle attese, auspicando che possa rappresentare un superamento definitivo del problema. Ma ha anche messo in evidenza come una delle falle più gravi stia nell’inefficienza della rete territoriale, ormai incapace di fare da filtro rispetto al pronto soccorso. “L’emergenza pandemica ha smascherato le debolezze di un sistema già fragile – ha denunciato – e oggi medici di base e guardia medica non riescono più a svolgere il loro ruolo di prima linea”.
Il problema si aggrava con la “crisi vocazionale” che allontana molti giovani dalla professione medica e infermieristica, peggiorando la situazione nei reparti di medicina d’urgenza. Secondo Silvestri, è arrivato il momento di chiedersi se sia il caso di ripensare l’intero impianto universalistico del SSN o se bastino correttivi mirati a rendere il sistema più efficiente e aderente ai principi di solidarietà sanciti dalla Costituzione.
Sul fronte delle soluzioni, oltre al potenziamento dell’offerta, è indispensabile anche un serio intervento contro sprechi e inefficienze interne, che spesso sono causate da disfunzioni organizzative e gestionali.
A poco più di un anno dall’annuncio del Ministro della Salute, è finalmente online la Piattaforma nazionale sulle liste d’attesa. I dati disponibili, sebbene ancora parziali (relativi solo ai primi 5 mesi dell’anno), fotografano un sistema che regge sulle urgenze, ma scricchiola vistosamente sulle prestazioni programmabili. Su circa 23 milioni di prenotazioni monitorate, quasi un milione sono state effettuate durante il weekend – segno che si sta tentando di ampliare la disponibilità.
La piattaforma conferma che, in linea generale, le visite urgenti (classe U: 72 ore) e brevi (classe B: 10 giorni) vengono garantite nei tempi. Tuttavia, man mano che si allunga la finestra di priorità – 30 o 60 giorni per la classe D (differibile) e 120 per la P (programmabile) – la puntualità cala. Ed è proprio per queste ultime categorie che i ritardi diventano intollerabili.
Un dato importante ma incompleto: la piattaforma non fornisce ancora indicazioni utili a identificare le disparità regionali o locali, che – nella realtà – fanno una differenza abissale. Si passa da Regioni che riescono a garantire un servizio decente ad altre in cui il diritto alla salute è semplicemente disatteso.
In sintesi, l’Italia continua a offrire una risposta dignitosa nelle situazioni d’urgenza, ma continua a fallire nel garantire una sanità di prossimità, accessibile e puntuale per tutti. Finché non si interverrà in modo strutturale, valorizzando davvero chi lavora nella sanità e riequilibrando l’intero sistema, le liste d’attesa resteranno la ferita aperta di un SSN che rischia di non essere più sostenibile.