Il diversamente compagno, diversamente socialista, Enrico Letta, un paio di giorni fa ha annunciato i primi passi verso il Congresso del nuovo PD, comunicando di aver convocato per giovedì 6 ottobre la Direzione nazionale del partito...

"per un percorso congressuale inclusivo e aperto che vada alla radice dei problemi e affronti le sfide che stanno di fronte alla nostra comunità. E per poi scegliere di conseguenza chi ci guiderà in futuro".

Ieri, lo stesso Letta, ancora segretario (seppur in uscita) del Pd, ha inviato una lettera agli iscritti al partito sul Congresso, titolata "Apertura, opposizione, nuova vita".

Questo è ciò che ha scritto:

Carissime e carissimi,sono passati pochi giorni dal voto che ha sconvolto gli equilibri politici italiani ed europei e sento la necessità di rivolgermi a ciascuno di voi per ringraziarvi dello straordinario impegno profuso in questa durissima campagna elettorale.Abbiamo perso. Ne usciamo con un risultato insufficiente, ma ne usciamo vivi. E sulle nostre spalle c’è oggi la responsabilità di organizzare un’opposizione seria alla destra.Abbiamo il tempo e abbiamo la forza morale, intellettuale e politica per rimetterci in piedi. Le basi per ripartire ci sono. Pur avendo subito la concorrenza di chi ci ha preso di mira con inusitata asprezza, con il dichiarato obiettivo di mettere in discussione la nostra stessa esistenza in vita, siamo il secondo partito italiano, la forza guida dell’opposizione e uno tra i maggiori partiti riformisti e progressisti europei. E ciò in un contesto nel quale tutte le forze politiche principali, tranne FdI, hanno perso molti o moltissimi consensi rispetto alle precedenti elezioni politiche. Oppure ottenuto risultati molto inferiori rispetto ai proclami.L’esito di queste elezioni è stato segnato dall’impossibilità – non torno qui sulle responsabilità – di presentarci con un quadro vasto di alleanze. La legge elettorale, profondamente sbagliata e che abbiamo provato invano a cambiare, favorisce chi le realizza. La destra, pur con tutte le sue divisioni, si è coalizzata e ha prevalso nella stragrande maggioranza dei collegi uninominali, ottenendo così la maggioranza dei seggi in Parlamento. Ad essa non corrisponde una maggioranza nel Paese: ciò accresce il nostro dovere di organizzare una opposizione dura e intransigente sui valori e sulle politiche, sempre nell’interesse generale dell’Italia e delle istituzioni repubblicane.Allo stesso tempo, in questa campagna scandita da insidie e veleni, si sono manifestati evidenti i limiti della nostra proposta ed è emersa una mancanza molto grave di capacità espansiva nella società italiana. Sono limiti che ci obbligano a un confronto serissimo e sincero tra di noi.Perché il Pd, per sua stessa natura, deve essere un partito espansivo e largo. Se manca questa aspirazione entra in crisi la sua ragione d’essere. Per questo dobbiamo essere pronti a rimettere tutto in discussione. Ora possiamo farlo, dopo potrebbe essere troppo tardi.Fermarsi a enunciare le tante, pur legittime, ragioni consolatorie per un risultato che comunque ci assegna il ruolo di guida dell’alternativa sarebbe sbagliato. Non è questo l’atteggiamento col quale ho voluto interpretare il mio compito di guida del PD. E non sarà questo il modo con cui vivrò questa fase.Quel che vi propongo è di accettare di entrare in profondità nei problemi per risolvere i nodi che ci bloccano e poi, a partire da questo sforzo genuino e determinato, di scegliere insieme la nuova leadership e il nuovo gruppo dirigente.
Abbiamo bisogno di un vero Congresso Costituente. Per questo vi chiedo di partecipare con passione e impegno, accanto ad altri che spero vorranno raggiungerci per fare insieme un percorso che, come proporrò alla Direzione convocata per la prossima settimana, dovrebbe essere articolato in quattro fasi.
La prima sarà quella della “chiamata”. Durerà alcune settimane perché chi vuole partecipare a questa missione costituente, che parte dall’esperienza della lista “Italia Democratica e Progressista”, possa iscriversi ed essere protagonista in tutto e per tutto.La seconda fase sarà quella dei “nodi”. Consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione. E quando parlo di dibattito profondo e aperto, mi riferisco al lavoro nei circoli, ma anche a percorsi di partecipazione sperimentati con successo con le Agorà Democratiche.La terza fase sarà quella del “confronto” sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente. Un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori.Infine, la quarta fase, quella delle “primarie”. Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto.

Tutto può svolgersi a regole vigenti. E quindi può iniziare rapidamente. È un percorso aperto che può e deve coinvolgere, oltreché i nostri mondi di riferimento, anche il paese intero, dimostrando a tutti la forza e l’utilità di un partito-comunità, contrapposto ai tanti partiti personali che abitano oggi la nostra scena politica.Infine, è un percorso che concilia l’urgenza di affrontare i nostri problemi con la indispensabile rigenerazione del gruppo dirigente. Contenuti forti e volti nuovi sono entrambi necessari. Gli uni senza gli altri rischiano di trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone. Se non li bilanciamo con attenzione, ci trasformiamo definitivamente nelle maschere pirandelliane che evocai nel mio ormai lontano discorso del 14 marzo 2021.So che vogliamo tutti evitare questo epilogo. So che vogliamo tutti arrivare presto a un nuovo PD e a una nuova leadership.Se ci muoviamo insieme in questa direzione, con coraggio e tempismo, dimostreremo di essere capaci di tornare in sintonia con le attese del Paese.Vi chiedo di credere in questo progetto e di esserne protagonisti attivi seguendo le indicazioni che usciranno dal dibattito della Direzione convocata per giovedì 6 ottobre.Vi chiedo soprattutto di avere fiducia nel “noi collettivo” che è molto meglio della somma dei tanti io. Questa è la grande forza del Partito Democratico. Questa è la nostra missione.


Come commentare le parole di Letta? Partendo dal penultimo paragrafo, Letta dice, in sostanza, di voler organizzare un congresso sulle indicazioni di ciò che le correnti del Pd decideranno nella prossima riunione della Direzione nazionale. In sostanza, coloro che hanno affossato il partito dovrebbero indicare il percorso per rinnovarlo.

A qualcuno già questo può sembrare logico?  E che dire poi della corsa alla candidatura a segretario da parte di coloro che pretendono di essere il nuovo dopo aver saldamente fatto parte del vecchio accettando tutto quanto il vecchio aveva loro ordinato di votare. Un esempio? Paola De Micheli, eletta in Parlamento come bersaniana, diventata poi convinta ministra renziana e gentiloniana, quindi sostenitrice lettiana, dopo esser stata zingarettiana! Adesso, miracolosamente, si presenta come il nuovo, dopo aver girato come una trottola tra questo e quello per rimanere a galla nel partito in modo da aver sempre garantito un seggio nella successiva legislatura.

Ma è una donna! E dato che adesso le donne vanno di moda, perché non provarci? In fondo ha ragione... dal suo punto di vista, dato che il rinnovamento annunciato da Letta è quello del Gattopardo, il cambiar tutto, perché tutto rimanga esattamente come prima, tra correnti e interessi di bottega.

Il Pd oggi è diventato quello che una volta era la DC, almeno per quanto riguarda il gruppo dirigente e gli eletti in Parlamento, dimenticandosi però di cambiar nome. Se alle elezioni si presentasse con quel simbolo dicendo siamo la Democrazia Cristiana, non solo prenderebbe una marea di voti, ma finirebbe pure per essere coerente con la propria linea politica, che di sinistra ha solo l'iscrizione al Parlamento europeo al gruppo dei socialisti!

Il problema del Pd è semplicemente questo: volersi definire un partito di sinistra, pur promuovendo e facendo politiche che con la sinistra non hanno nulla a che vedere, fino a definirsi - alle ultime politiche - devoto rappresentante dell'agenda politica di un banchiere come Draghi... oltre al fatto che l'esistenza di tale agenda è stata sconfessata da colui che avrebbe dovuto esserne l'autore.

Le capriole politiche del Pd e dei suoi dirigenti, a sprezzo del ridicolo, sono state giustificate in nome della responsabilità... con i risultati che tutti adesso possono apprezzare: un Parlamento di neofascisti, una crisi economica tanto grave che mai l'Italia ha dovuto affrontare in precedenza e una guerra nucleare che potrebbe scoppiare da un momento all'altro.

Volendo escludere l'ultimo punto (ma solo per farla breve), è però certo che la responsabilità del Pd abbia ampiamente contribuito a creare la situazione che l'Italia sta vivendo in questo momento e le stesse persone che vi hanno contribuito adesso pretendono di voler rinnovare il Pd. 

Come ha correttamente commentato Rosy Bindi, tutto questo è accanimento terapeutico.